Introduzione
La crescita delle piante è un processo molto più complesso e meno intuitivo di quello che appare ad un primo sguardo. Infatti, osservando ad esempio la crescita di un animale, sia esso un semplice insetto o un animale superiore o un uomo, si può affermare che da un certo momento in poi la struttura corporea e l’aspetto esteriore raggiungono una forma definitiva, che non cambia più fino al sopraggiungere della morte, fatta eccezione per piccole variazioni dovute alla normale maturazione e invecchiamento dei tessuti e degli organi.
Un albero invece non raggiunge mai una forma definitiva: i rami sviluppano in continuazione nuovi germogli, che a loro volta diventano rami i quali porteranno futuri germogli e così via, in un processo di ripetizione e reiterazione che, di fatto, permette di affermare che una pianta non smette mai di “crescere” finché non conclude il suo ciclo vitale.
Certo un albero, una volta raggiunta la maturità, non va oltre una certa altezza, i suoi rami non si allontanano indefinitamente dal tronco e dalle radici, eppure all’interno della sua chioma rami nuovi vengono continuamente prodotti e il tronco continua a ingrossarsi aggiungendo di anno in anno un sottile cerchio.
Quando l'albero ha raggiuto la completa maturità, la quantità totale di ramificazione smette di aumentare e può, anzi, diminuire in età avanzata a causa della perdita di alcuni rami vecchi o danneggiati.
Eppure nuovi apici e nuove foglie danno alla pianta, per quanto vetusta, una veste sempre giovane.
Il segreto di questa “eterna giovinezza” è da ricercarsi nella struttura stessa dei tessuti vegetali, i quali non sono organizzati in organi come quelli degli animali ma sono distribuiti in tutta la pianta in modo più o meno omogeneo.
In questa serie di articoli, faremo insieme un percorso per capire come gli alberi crescano, si sviluppino, quale forma assumano e i fattori che concorrono a tutto ciò.
In aggiunta a quanto sopra, in questi articoli troverete anche delle note introduttive alla tecnica bonsai della quale parlerò in seguito in altri articoli più approfonditi, ma trovo interessante, comunque, fare un minimo confronto tra un albero lasciato crescere liberamente ed uno sul quale è intervenuta la mano dell'uomo.
Crescita degli apici
L’apice di ciascun germoglio contiene al suo interno delle cellule embrionali, derivanti cioè direttamente dall’embrione che costituiva il seme della pianta.
Tali cellule indifferenziate sono dette meristema primario e da esse si originano tutti gli altri tipi di cellule adulte, aventi le forme e le funzioni più disparate. Una cellula iniziale, finché resta indifferenziata, può solo suddividersi e dare origine ad altre cellule iniziali, all’infinito.
Dal momento in cui si “differenziano”, alcune cellule iniziali smettono di moltiplicarsi e iniziano ad accrescersi e a modificare la loro forma a seconda del tessuto che andranno a formare: tessuti tegumentali (con funzione di protezione), tessuti parenchimatici (fotosintesi ed accumulo di acqua e/o nutrienti), tessuti di trasporto (xilema e floema), tessuti di sostegno (con funzione meccanica di resistenza).
Questa differenziazione inizia nel meristema primario in prossimità dell’apice andando a formare una struttura, detta gemma, composta da bozze fogliari e internodi.
Quando una gemma inizia a crescere, dando vita ad un germoglio, le sue cellule si dividono e si accrescono per distensione: le bozze fogliari andranno a formare le foglie, mentre gli internodi, allungandosi, formeranno tratti di fusto privi di foglie compresi tra due “nodi” successivi.
All’interno di foglie e internodi vengono a formarsi dei fasci conduttori che hanno una doppia funzione: trasportare acqua e sali minerali dalle radici alla foglia (xilema) e trasportare la linfa, elaborata dalla foglia durante la fotosintesi, agli altri tessuti (floema).
Ciascun fascio conduttore, partendo dallo stesso nucleo di cellule iniziali, forma da una parte il floema e dall’altro lo xilema e la distribuzione di tali fasci all’interno del fusto, riflette la disposizione di ogni singola foglia, essendosi formati contemporaneamente a questa durante la differenziazione.
I fasci sono disposti nella zona periferica del fusto, subito sotto il tegumento, mentre tra un fascio e l’altro e nella zona centrale del fusto il tessuto è di tipo parenchimatico, formato da cellule di riserva e accumulo di acqua e sostanze energetiche elaborate dalle foglie.
All’ascella delle bozze fogliari si formano poi delle protuberanze, dette primordi di ramo, che sono di fatto veri e propri apici, esattamente come quello di partenza e, differenziandosi, daranno origine alle nuove gemme della generazione successiva.
Questo insieme di componenti dell’apice vegetale prende il nome di Struttura Primaria, essendo derivata direttamente dal meristema primario, ossia da cellule embrionali.
Anche l’apice di ciascuna radice è costituito da una struttura primaria simile a questa, anche se, essendo diversa la funzione, risulta diversa anche la disposizione dei vari tessuti.
Crescita del legno
Quando il fusto primario raggiunge la maturazione, i suoi tessuti, ad eccezione dell’apice e delle gemme laterali, sono costituiti da cellule ormai differenziate e adulte le quali non sono più in grado di rigenerarsi per far fronte ad un’ulteriore crescita degli apici.
A questo punto l’unico modo che ha la pianta per mantenere in vita gli apici e farne crescere di nuovi, è quello di costruire una nuova struttura: alcune cellule adulte del fusto regrediscono allo stato embrionale e vanno a formare un meristema secondario, così chiamato perché non deriva direttamente da quello primario, ma appunto da cellule adulte.
Negli spazi compresi tra i fasci conduttori primari, si forma così uno strato di cellule detto cambio che si chiude attorno al fusto formando una circonferenza (vista in sezione). Il cambio in realtà si estende per tutta l’altezza del fusto e forma, quindi, un cilindro cavo di cellule meristematiche.
Il cambio inizia poi a duplicare le proprie cellule, sia verso l’esterno, formando un anello continuo di floema (libro), sia verso l’interno formando un anello di xilema (legno): questi nuovi tessuti garantiscono la continuità degli scambi tra le radici e gli apici in continuo accrescimento.
Man mano che si formano nuovi germogli, i rami precedenti lignificano e iniziano l’accrescimento secondario.
Con il passare del tempo, nei rami più vecchi e nel tronco, il cambio deve continuare a produrre internamente nuovo xilema che si sovrappone a quello più vecchio via via che questo si degrada e perde la sua funzione.
Le cellule dello xilema quando muoiono rimangono nella parte più interna del fusto, assumendo funzione di sostegno. Questo legno morto è chiamato duramen e, per evitare che marcisca, viene impregnato di tannini e altre sostanze prodotte dal legno vivo.
Esternamente al cambio avviene invece la formazione di nuovo floema. Solo che, in questo caso, l’espansione del cambio fa sì che il floema più recente spinga il più vecchio verso l’esterno. La sua capacità di espandersi è però limitata e lo strato di cellule attive è sempre molto sottile.
Il floema più esterno si re-differenzia nuovamente, creando un ulteriore tessuto meristematico, il fellogeno: questo va a formare delle cellule tegumentali: il periderma e la corteccia in cui la cui parete cellulare è composta da sughero.
Il fellogeno ha però vita breve: venendosi a trovare in una zona non più alimentata, le cellule della corteccia muoiono e vengono spinte verso l’esterno, deformandosi a causa della crescita e assumendo così un aspetto fissurato. Ogni anno quindi un nuovo strato di fellogeno si forma più internamente a partire dal floema.
La quasi totalità delle piante che vivono in climi temperati freddi, ha ritmi di crescita che seguono le stagioni e sono perciò discontinui, difatti durante la stagione invernale la crescita subisce un arresto per poi riprendere in primavera.
La crescita primaverile è quella che richiede più acqua, grazie alla formazione di nuovi germogli e nuove foglie, pertanto lo xilema formato in primavera è costituito da cellule molto più grandi e con parete cellulare sottile, che consentono un maggior trasporto idrico, mentre durante l’estate la nascita di nuove foglie rallenta e, di conseguenza, le cellule xilematiche estive sono più sottili e con parete cellulare più spessa e con funzione di sostegno.
Terminata la stagione vegetativa la pianta va a riposo e smette di produrre nuovo legno fino alla primavera successiva: questa alternanza annuale tra xilema primaverile ed estivo è ben visibile a occhio nudo in una sezione trasversale del tronco e consente di valutare l’età di un albero dal conteggio del numero di cerchi.
La struttura secondaria è tipica delle gimnosperme (conifere) e delle angiosperme dicotiledoni (altre specie a fusti legnosi).
La classe delle angiosperme monocotiledoni invece è caratterizzata dall’avere solo una struttura primaria: essa comprende per lo più piante erbacee a ciclo annuale o perenne, bulbose, rizomatose, e anche piante simili ad alberi, come le palme, caratterizzate dall’avere un unico apice primario che si allunga senza avere accrescimento diametrale.
Fotosintesi
Per capire perché e come un albero cresce, occorre ricordare brevemente un’altra grande differenza tra piante e animali: la fotosintesi. Grazie ad essa, le piante sono in grado, a differenza degli animali, di produrre tutto ciò di cui hanno bisogno autonomamente.
La fotosintesi è quel processo mediante il quale la pianta utilizza la luce del sole per trasformare acqua e anidride carbonica in glucosio, che è l’unità iniziale di origine dell’energia, senza la quale è impossibile sintetizzare altre sostanze.
È per questo che ad una pianta occorrono acqua – che ricava dal terreno grazie alle radici – e CO2 (anidride carbonica) presente nell’aria.
Fisicamente, l’acqua sale dalle radici lungo i condotti dello xilema, grazie alla depressione creata dalla sua perdita attraverso le foglie (traspirazione), che in questo caso funzionano come una pompa in grado di sollevare acqua contro la forza di gravità anche a decine di metri di altezza.
Viceversa, gli zuccheri prodotti dalle foglie scendono lungo i condotti del floema per osmosi: essendo più concentrati nelle foglie, la soluzione scende verso le zone sottostanti più diluite, ed è in grado di raggiungere ogni cellula viva, soprattutto quelle che non sono in grado di svolgere la fotosintesi.
Gli zuccheri in eccesso vengono trasformati in amido allo stato solido, pronto per essere idrolizzato in caso di necessità.
Le cellule infatti, per poter vivere, al pari di quelle animali, “bruciano” l’energia contenuta negli zuccheri e compiono esattamente l’operazione inversa della fotosintesi, cioè liberano nuovamente CO2.
Il bilancio energetico deve essere positivo: se così non fosse, sarebbe maggiore l’energia consumata di quella prodotta e la pianta morirebbe.
Esiste per ciascuna pianta una soglia minima di luce, detta punto di compensazione, al di sotto della quale la pianta non è in grado di ottenere sufficiente energia dalla fotosintesi e non è perciò in grado di vivere a lungo.
Sopra questa soglia, invece, la pianta accumula energia e, mediante successive trasformazioni, può generare nuovi tessuti e crescere.
Esistono poi altri elementi nutritivi non meno importanti: azoto, fosforo, potassio, ferro ecc., che si trovano nel terreno e servono, assieme al carbonio introdotto con la CO2, come materiale da costruzione per le cellule, ma non possono essere considerati una fonte principale di nutrimento: senza la luce del sole e la fotosintesi attuata dalle foglie sono del tutto inutili.
Fonti:
Foto:
La crescita delle piante è un processo molto più complesso e meno intuitivo di quello che appare ad un primo sguardo. Infatti, osservando ad esempio la crescita di un animale, sia esso un semplice insetto o un animale superiore o un uomo, si può affermare che da un certo momento in poi la struttura corporea e l’aspetto esteriore raggiungono una forma definitiva, che non cambia più fino al sopraggiungere della morte, fatta eccezione per piccole variazioni dovute alla normale maturazione e invecchiamento dei tessuti e degli organi.
Un albero invece non raggiunge mai una forma definitiva: i rami sviluppano in continuazione nuovi germogli, che a loro volta diventano rami i quali porteranno futuri germogli e così via, in un processo di ripetizione e reiterazione che, di fatto, permette di affermare che una pianta non smette mai di “crescere” finché non conclude il suo ciclo vitale.
Certo un albero, una volta raggiunta la maturità, non va oltre una certa altezza, i suoi rami non si allontanano indefinitamente dal tronco e dalle radici, eppure all’interno della sua chioma rami nuovi vengono continuamente prodotti e il tronco continua a ingrossarsi aggiungendo di anno in anno un sottile cerchio.
Quando l'albero ha raggiuto la completa maturità, la quantità totale di ramificazione smette di aumentare e può, anzi, diminuire in età avanzata a causa della perdita di alcuni rami vecchi o danneggiati.
Eppure nuovi apici e nuove foglie danno alla pianta, per quanto vetusta, una veste sempre giovane.
Il segreto di questa “eterna giovinezza” è da ricercarsi nella struttura stessa dei tessuti vegetali, i quali non sono organizzati in organi come quelli degli animali ma sono distribuiti in tutta la pianta in modo più o meno omogeneo.
In questa serie di articoli, faremo insieme un percorso per capire come gli alberi crescano, si sviluppino, quale forma assumano e i fattori che concorrono a tutto ciò.
In aggiunta a quanto sopra, in questi articoli troverete anche delle note introduttive alla tecnica bonsai della quale parlerò in seguito in altri articoli più approfonditi, ma trovo interessante, comunque, fare un minimo confronto tra un albero lasciato crescere liberamente ed uno sul quale è intervenuta la mano dell'uomo.
Crescita degli apici

L’apice di ciascun germoglio contiene al suo interno delle cellule embrionali, derivanti cioè direttamente dall’embrione che costituiva il seme della pianta.
Tali cellule indifferenziate sono dette meristema primario e da esse si originano tutti gli altri tipi di cellule adulte, aventi le forme e le funzioni più disparate. Una cellula iniziale, finché resta indifferenziata, può solo suddividersi e dare origine ad altre cellule iniziali, all’infinito.
Dal momento in cui si “differenziano”, alcune cellule iniziali smettono di moltiplicarsi e iniziano ad accrescersi e a modificare la loro forma a seconda del tessuto che andranno a formare: tessuti tegumentali (con funzione di protezione), tessuti parenchimatici (fotosintesi ed accumulo di acqua e/o nutrienti), tessuti di trasporto (xilema e floema), tessuti di sostegno (con funzione meccanica di resistenza).
Questa differenziazione inizia nel meristema primario in prossimità dell’apice andando a formare una struttura, detta gemma, composta da bozze fogliari e internodi.
Quando una gemma inizia a crescere, dando vita ad un germoglio, le sue cellule si dividono e si accrescono per distensione: le bozze fogliari andranno a formare le foglie, mentre gli internodi, allungandosi, formeranno tratti di fusto privi di foglie compresi tra due “nodi” successivi.
All’interno di foglie e internodi vengono a formarsi dei fasci conduttori che hanno una doppia funzione: trasportare acqua e sali minerali dalle radici alla foglia (xilema) e trasportare la linfa, elaborata dalla foglia durante la fotosintesi, agli altri tessuti (floema).
Ciascun fascio conduttore, partendo dallo stesso nucleo di cellule iniziali, forma da una parte il floema e dall’altro lo xilema e la distribuzione di tali fasci all’interno del fusto, riflette la disposizione di ogni singola foglia, essendosi formati contemporaneamente a questa durante la differenziazione.
I fasci sono disposti nella zona periferica del fusto, subito sotto il tegumento, mentre tra un fascio e l’altro e nella zona centrale del fusto il tessuto è di tipo parenchimatico, formato da cellule di riserva e accumulo di acqua e sostanze energetiche elaborate dalle foglie.
All’ascella delle bozze fogliari si formano poi delle protuberanze, dette primordi di ramo, che sono di fatto veri e propri apici, esattamente come quello di partenza e, differenziandosi, daranno origine alle nuove gemme della generazione successiva.
Questo insieme di componenti dell’apice vegetale prende il nome di Struttura Primaria, essendo derivata direttamente dal meristema primario, ossia da cellule embrionali.
Anche l’apice di ciascuna radice è costituito da una struttura primaria simile a questa, anche se, essendo diversa la funzione, risulta diversa anche la disposizione dei vari tessuti.
Crescita del legno

Quando il fusto primario raggiunge la maturazione, i suoi tessuti, ad eccezione dell’apice e delle gemme laterali, sono costituiti da cellule ormai differenziate e adulte le quali non sono più in grado di rigenerarsi per far fronte ad un’ulteriore crescita degli apici.
A questo punto l’unico modo che ha la pianta per mantenere in vita gli apici e farne crescere di nuovi, è quello di costruire una nuova struttura: alcune cellule adulte del fusto regrediscono allo stato embrionale e vanno a formare un meristema secondario, così chiamato perché non deriva direttamente da quello primario, ma appunto da cellule adulte.
Negli spazi compresi tra i fasci conduttori primari, si forma così uno strato di cellule detto cambio che si chiude attorno al fusto formando una circonferenza (vista in sezione). Il cambio in realtà si estende per tutta l’altezza del fusto e forma, quindi, un cilindro cavo di cellule meristematiche.
Il cambio inizia poi a duplicare le proprie cellule, sia verso l’esterno, formando un anello continuo di floema (libro), sia verso l’interno formando un anello di xilema (legno): questi nuovi tessuti garantiscono la continuità degli scambi tra le radici e gli apici in continuo accrescimento.
Man mano che si formano nuovi germogli, i rami precedenti lignificano e iniziano l’accrescimento secondario.
Con il passare del tempo, nei rami più vecchi e nel tronco, il cambio deve continuare a produrre internamente nuovo xilema che si sovrappone a quello più vecchio via via che questo si degrada e perde la sua funzione.
Le cellule dello xilema quando muoiono rimangono nella parte più interna del fusto, assumendo funzione di sostegno. Questo legno morto è chiamato duramen e, per evitare che marcisca, viene impregnato di tannini e altre sostanze prodotte dal legno vivo.
Esternamente al cambio avviene invece la formazione di nuovo floema. Solo che, in questo caso, l’espansione del cambio fa sì che il floema più recente spinga il più vecchio verso l’esterno. La sua capacità di espandersi è però limitata e lo strato di cellule attive è sempre molto sottile.
Il floema più esterno si re-differenzia nuovamente, creando un ulteriore tessuto meristematico, il fellogeno: questo va a formare delle cellule tegumentali: il periderma e la corteccia in cui la cui parete cellulare è composta da sughero.
Il fellogeno ha però vita breve: venendosi a trovare in una zona non più alimentata, le cellule della corteccia muoiono e vengono spinte verso l’esterno, deformandosi a causa della crescita e assumendo così un aspetto fissurato. Ogni anno quindi un nuovo strato di fellogeno si forma più internamente a partire dal floema.
La quasi totalità delle piante che vivono in climi temperati freddi, ha ritmi di crescita che seguono le stagioni e sono perciò discontinui, difatti durante la stagione invernale la crescita subisce un arresto per poi riprendere in primavera.
La crescita primaverile è quella che richiede più acqua, grazie alla formazione di nuovi germogli e nuove foglie, pertanto lo xilema formato in primavera è costituito da cellule molto più grandi e con parete cellulare sottile, che consentono un maggior trasporto idrico, mentre durante l’estate la nascita di nuove foglie rallenta e, di conseguenza, le cellule xilematiche estive sono più sottili e con parete cellulare più spessa e con funzione di sostegno.
Terminata la stagione vegetativa la pianta va a riposo e smette di produrre nuovo legno fino alla primavera successiva: questa alternanza annuale tra xilema primaverile ed estivo è ben visibile a occhio nudo in una sezione trasversale del tronco e consente di valutare l’età di un albero dal conteggio del numero di cerchi.
La struttura secondaria è tipica delle gimnosperme (conifere) e delle angiosperme dicotiledoni (altre specie a fusti legnosi).
La classe delle angiosperme monocotiledoni invece è caratterizzata dall’avere solo una struttura primaria: essa comprende per lo più piante erbacee a ciclo annuale o perenne, bulbose, rizomatose, e anche piante simili ad alberi, come le palme, caratterizzate dall’avere un unico apice primario che si allunga senza avere accrescimento diametrale.

Fotosintesi
Per capire perché e come un albero cresce, occorre ricordare brevemente un’altra grande differenza tra piante e animali: la fotosintesi. Grazie ad essa, le piante sono in grado, a differenza degli animali, di produrre tutto ciò di cui hanno bisogno autonomamente.
La fotosintesi è quel processo mediante il quale la pianta utilizza la luce del sole per trasformare acqua e anidride carbonica in glucosio, che è l’unità iniziale di origine dell’energia, senza la quale è impossibile sintetizzare altre sostanze.
È per questo che ad una pianta occorrono acqua – che ricava dal terreno grazie alle radici – e CO2 (anidride carbonica) presente nell’aria.
Fisicamente, l’acqua sale dalle radici lungo i condotti dello xilema, grazie alla depressione creata dalla sua perdita attraverso le foglie (traspirazione), che in questo caso funzionano come una pompa in grado di sollevare acqua contro la forza di gravità anche a decine di metri di altezza.
Viceversa, gli zuccheri prodotti dalle foglie scendono lungo i condotti del floema per osmosi: essendo più concentrati nelle foglie, la soluzione scende verso le zone sottostanti più diluite, ed è in grado di raggiungere ogni cellula viva, soprattutto quelle che non sono in grado di svolgere la fotosintesi.
Gli zuccheri in eccesso vengono trasformati in amido allo stato solido, pronto per essere idrolizzato in caso di necessità.
Le cellule infatti, per poter vivere, al pari di quelle animali, “bruciano” l’energia contenuta negli zuccheri e compiono esattamente l’operazione inversa della fotosintesi, cioè liberano nuovamente CO2.
Il bilancio energetico deve essere positivo: se così non fosse, sarebbe maggiore l’energia consumata di quella prodotta e la pianta morirebbe.
Esiste per ciascuna pianta una soglia minima di luce, detta punto di compensazione, al di sotto della quale la pianta non è in grado di ottenere sufficiente energia dalla fotosintesi e non è perciò in grado di vivere a lungo.
Sopra questa soglia, invece, la pianta accumula energia e, mediante successive trasformazioni, può generare nuovi tessuti e crescere.
Esistono poi altri elementi nutritivi non meno importanti: azoto, fosforo, potassio, ferro ecc., che si trovano nel terreno e servono, assieme al carbonio introdotto con la CO2, come materiale da costruzione per le cellule, ma non possono essere considerati una fonte principale di nutrimento: senza la luce del sole e la fotosintesi attuata dalle foglie sono del tutto inutili.

Fonti:
- Facoltà di agraria, università di Firenze: Lezioni di Botanica Generale
- Dipartimeno di Biologia Vegetale, Università di Torino: Struttura del Legno
- Pierre Raimbault: L’albero, un'entità biologica
Foto:
- foto dal Web
Autore: Andrea Borghi