Come vi avevo anticipato, ora passerò a parlare della forma naturale di un albero e da cosa è determinata, insieme alle modificazioni che subisce l'albero a seguito dei condizionamenti ambientali. In questo articolo troverete anche qualche accenno alle tecniche bonsai e a come si differenziano negli interventi rispetto al normale sviluppo di un albero.
Forma naturale
La forma globale di un albero è plasmata dall’azione combinata di crescita primaria e secondaria, le cui regole sono scritte nel genoma e, come tali, tipiche di una specie, ma soprattutto è dovuta all’età fisiologica, intesa non come età effettiva, ma come lo stadio di sviluppo della struttura in cui si trova la pianta in un dato momento della sua vita.
Infine, la forma è influenzata anche dall’ambiente in cui la pianta cresce, soprattutto in quei casi estremi in cui la lotta per la sopravvivenza determina un adattamento della forma a particolari agenti esterni.
Durante lo sviluppo di un germoglio si ha la formazione di foglie, internodi e gemme laterali.
Queste ultime, nella maggior parte degli alberi che vivono in climi temperati-freddi, non si attivano prima della primavera successiva. Ma anche allora, la possibilità di crescere e dare origine a un nuovo germoglio, è fortemente influenzata da quella che è chiamata dominanza apicale: la gemma che si trova all’apice (detta anche gemma tiralinfa) è la prima ad attivarsi e le sue foglie in crescita producono ormoni (auxine) che scendono lungo il ramo bloccando lo sviluppo delle gemme inferiori e convogliando acqua e sali minerali esclusivamente verso l’apice.
In tal modo in un ramo nato in un certo anno, si svilupperanno solo alcune delle gemme: talvolta solo quella apicale, determinando il semplice allungamento del ramo senza produrre nuove ramificazioni, talvolta solo quelle immediatamente sotto l’apice, oppure quelle più basse e lontane dall’apice nei casi in cui la dominanza apicale sia basale (piante basitone, per lo più arbusti).
Il meccanismo della dominanza apicale varia durante lo sviluppo.
In primavera, quando la gemma apicale sta per schiudersi, le auxine bloccano l’apertura delle gemme laterali, e concentrano le energie e le risorse verso l’apice.
In questa fase, per poter attivare le gemme laterali è sufficiente rimuovere la gemma apicale e immediatamente quelle sottostanti si attivano, determinando la partenza di uno o più germogli, i quali poi ripristinano, a loro volta, la dominanza apicale sulle gemme sottostanti.
Più avanti in primavera, quando le foglie hanno raggiunto la maturità, non sono più le auxine a bloccare le gemme, ma altri meccanismi legati alla presenza delle foglie adulte.
In questa fase, per attivare le gemme laterali non è più sufficiente rimuovere l’apice, ma è necessario eliminare anche un certo numero di foglie adulte.
Nel corso dell’estate neppure la defogliazione è in grado di eliminare l’inibizione delle gemme laterali, a causa di altre inibizioni interne alla pianta.
Nella pratica bonsai è necessario ridurre o eliminare la dominanza apicale, al fine ad esempio di evitare che un ramo si allunghi troppo e di consentire lo sviluppo di germogli più arretrati.
Alla luce delle considerazioni viste, è facile comprendere che, durante la primavera, con la potatura dei rami e la successiva cimatura dei nuovi germogli, si stimola l’apertura delle gemme più arretrate.
Inoltre, mediante la defogliazione dei nuovi germogli è in molti casi possibile ottenere la partenza anticipata di nuove gemme, cioè quelle sullo stesso germoglio dell’anno in corso. Ma occorre tenere presente che dal mese di luglio in poi tali pratiche in molti casi diventano perfettamente inutili e spesso dannose.
Bisogna a questo punto fare anche una distinzione tra diversi tipi di crescita dei germogli a seconda delle specie.
Ci sono specie la cui crescita è completamene predeterminata: in tali casi, cioè, il numero di foglie e internodi del singolo germoglio in un dato anno è già stabilita all’interno della gemma. Quest’ultima, infatti, l’anno precedente ha sviluppato un certo numero di bozze fogliari e internodi, che si svilupperanno nell’anno in corso.
Al termine della crescita, il germoglio formerà una nuova gemma apicale che in condizioni naturali si aprirà solo l’anno successivo.
Le piante di questo tipo, dette aritmiche, in caso di buon vigore anziché produrre nuove foglie tendono a sviluppare un aumento della loro dimensione e un forte allungamento degli internodi.
Sono specie aritmiche: Aceri, Frassini, Platani, Fichi ecc.
Altre specie, invece, hanno una crescita a flussi successivi nell’arco della stessa stagione vegetativa.
In pratica, una volta che il germoglio ha sviluppato tutte le sue foglie, si interrompe per un breve periodo, dopo di che la nuova gemma apicale prosegue il suo sviluppo con nuove foglie e nuovi internodi.
In queste piante, dette ritmiche, in un anno possono svilupparsi diverse generazioni di foglie su uno stesso ramo e un eccesso di vigore si traduce in un maggior numero di foglie, le quali restano di dimensioni costanti più piccole e con internodi più corti.
Sono specie ritmiche: Querce, Olmi, Olivi, Meli, Prunus ecc.
Per questo motivo, piante come gli Aceri allevati a bonsai, se non si tengono sotto controllo annaffiature e concimazioni, soprattutto in primavera, tendono a sviluppare foglie molto grandi e internodi lunghi, rendendo quasi obbligatoria la defogliazione.
Addirittura alcune specie, come l’Acer pseudoplatanus (Acero di monte), oppure lo stesso platano, sono estremamente difficili da tenere sotto controllo anche con questi accorgimenti, al punto che la loro coltivazione a bonsai è sconsigliata.
Altre piante invece, come ad esempio l’olmo, non necessitano di defogliazione perché essendo ritmiche presentano foglie e internodi di dimensioni costanti: hanno bisogno invece di continue cimature, grazie a uno sviluppo quasi ininterrotto di nuove cacciate.
La dominanza apicale – che agisce a livello delle gemme – determina poi un’influenza sulla crescita dei rami, una volta che una gemma si “sblocca” per dare origine a un nuovo germoglio.
A livello dell’intera pianta, infatti, l’effetto delle auxine è quello di convogliare acqua e sali minerali preferibilmente verso alcuni rami rispetto ad altri.
Gli effetti di questa disparità tra rami “dominanti” e “dominati” sono sostanzialmente tre:
La combinazione di questi fattori determina la crescita dell’albero e la sua forma.
La struttura di un albero non è statica e non è mai definitiva, in quanto si riferisce a un particolare momento del suo sviluppo. Occorre quindi descrivere come evolve nel tempo la struttura di un albero naturale.
Esistono una decina di “fasi” dello sviluppo di un albero, partendo dal seme fino ad arrivare alla morte, ma si possono riassumere in tre “macrofasi”: crescita, maturità, vecchiaia.
Le fasi della crescita (da 1 a 4 nella figura qui sopra) sono fortemente influenzate dalla dominanza apicale e dagli effetti che abbiamo appena descritto: un albero giovane è caratterizzato da un unico asse verticale (ramo apicale) e da una serie di rami fortemente dominati da questo.
I rami più vicini all’apice sono anche quelli più vigorosi (acrotonia) e inclinati verso l’alto, mentre via via che si scende troviamo rami sempre più orizzontali che a loro volta ramificano verso il basso (ipotonia).
La crescita di questo tipo è detta monopodiale.
In conseguenza allo sviluppo in altezza, si allunga anche il percorso che deve fare l’acqua per salire dalle radici all’apice contro la forza di gravità; a seguto di ciò, l’apice perde via via la propria dominanza sugli altri rami.
A quel punto, le branche subito sottostanti iniziano a prendere il sopravvento, la loro crescita si orienta verso l’alto e iniziano ad assumere una simmetria radiale (isotonia).
Ciascun apice ripete il modello di crescita dell’apice originario e diventa indipendente da questo, le sue ramificazioni finiscono a loro volta per prendere il sopravvento, e così via (fasi 5 e 6)
La chioma assume la forma di una cupola, non si distingue più una linea del tronco, ma una serie di tronchi secondari che ramificano progressivamente (crescita simpodiale).
I rami più bassi, nati per primi e fortemente dominati, finiscono per morire progressivamente. Siamo nelle fasi di maturità: ora lo sviluppo in altezza termina e i rami si rinnovano per sostituzioni successive.
La crescita li porta a inclinarsi sotto il proprio peso, permettendo alle ramificazioni che crescono verso l’alto di svilupparsi maggiormente (epitonia): queste sopprimono quelle sul lato inferiore e in seguito l’asse principale stesso, andando a sostituirlo (fasi 7 e 8).
(Lo vediamo nella foto qui sotto dove in Quercus robur (Farnia), la parte superiore del tronco è suddivisa e non si distingue più un apice unico).
Infine, sopraggiungono le fasi della vecchiaia.
Con l'andar del tempo comincia a venir meno il rapporto tra la vegetazione e le radici, le parti verdi devono produrre una quota di energia sempre più alta per nutrire tessuti non produttivi (quelli del legno che aumenta sempre a causa della crescita secondaria di tronco, rami e radici); anche la funzionalità delle radici è a poco a poco compromessa perché, con l’accrescersi del diametro del tronco, la parte viva si allontana sempre di più dal centro e le radici più interne finiscono per morire, limitando l’apporto idrico ai rami, soprattutto agli apici più lontani.
Da questo momento il vigore della pianta si concentra sempre più verso la base dei rami e verso il tronco.
I rami più esterni vengono abbandonati e vecchie gemme quiescenti si riattivano, ricostruendo una ramificazione sempre più interna (fase 9).
Possiamo vedere questo fenomeno nell'immagine qui sotto di un Acero di monte (Acer pseudoplatanus) – Madonna dell’Acero – (Corno alle Scale).
L’albero ha più di 400 anni. Lo stato di deperimento generale denota la perdita di gran parte della ramificazione originaria e la formazione di branche epitoniche direttamente dal tronco e dal ramo rimasto.
Ma con il passare del tempo la vegetazione diventa insufficiente a mantenere l’intera struttura lignea: il cambio inizia a diventare discontinuo, formando dei vuoti.
L’attività del cambio si concentra attorno alle ultime ramificazioni rimaste e forma nuove radici nella parte più esterna, finché l’albero si suddivide in colonne, ciascuna formata da branche, pezzi di tronco e radici, completamente separate e indipendenti l’una dall’altra, di fatto individui fisicamente separati da tratti di legno morto (fase 10).
La situazione è ben rappresentata nel Platano di Ippocrate (Kos, Grecia). Questo albero ha più di 2500 anni. Il tronco originale si è completamente separato e le sue parti formano diversi esemplari indipendenti.
Fattori ambientali
Le fasi di sviluppo che caratterizzano la crescita naturale sono un modello che l’albero segue quando è libero di crescere e sussistono condizioni ottimali che ne favoriscono la sua naturale espressione.
Ma in natura non sempre le condizioni ambientali sono ideali e, in molti casi, uno o più fattori contribuiscono a disturbare la crescita, plasmando l’albero che per istinto di sopravvivenza deve continuare a crescere adattandosi all’ambiente.
Piante che crescono in zone particolarmente esposte al vento subiscono sia effetti meccanici (rotture e piegature di rami, sradicamento del tronco), sia effetti termici o chimici (salsedine, essiccamento di gemme dovute ai venti caldi o freddi) che provocano una crescita monodirezionale della vegetazione o la morte di rami che poi seccano formando vere e proprie sculture, come vediamo nella foto qua sotto che raffigura un Ginepro che, a causa dell'esposizione a venti, salsedine e siccità, ha prodotto tronco e rami avvolti a spirale e vaste porzioni di legno secco.
In ambienti soggetti a smottamento o ad erosione del terreno, si assiste a cambi di inclinazione o scopertura dell’apparato radicale.
Fulmini e incendi provocano cicatrici estese all’intera pianta.
La presenza di altri alberi vicini produce una crescita prostrata, con vegetazione che "fila" in cerca di luce.
In presenza di animali si può assistere a una “brucatura” costante dei nuovi germogli, che mantengono quotidianamente cimata la vegetazione.
Insetti, malattie o traumi possono provocare la morte di una zona del tronco o delle radici, formando cavità che si possono estendere a tutta la struttura.
Questi e altri fattori esterni provocano, con meccanismi a volte ancora sconosciuti, un’alterazione della forma, non dovuta soltanto alla causa in sé, ma anche all’effetto: la parte viva continua a crescere attorno alla parte morta e la combinazione di causa ed effetto dà come risultato una forma totalmente unica e irripetibile.
Come l'animale, la pianta non sceglie dove nascere ma, a differenza degli animali, le piante non possono “migrare” e sono costrette, loro malgrado, a rimanere sempre nello stesso luogo, subendone le conseguenze per tutta la vita.
Traslando questo discorso ad una pianta bonsai, dobbiamo innanzitutto chiarire che, in questo caso, una pianta può ispirare una forma all’artista, ma sarà poi l’artista stesso a costruirla, basandosi su canoni estetici o sull'osservazione di forme naturali.
In ogni caso, l’idea è quella di ottenere una forma che ricordi un albero nella sua fase adulta, di maturità, il che a seconda delle specie che si utilizzano porta a diversi tipi di impostazione.
Nelle conifere l’apice è sempre molto definito, così come l’asse principale del tronco, i rami laterali sono orizzontali, o leggermente inclinati verso il basso.
Nelle caducifoglie, invece, l’asse principale è definito solo nella parte iniziale, la parte alta si divide in rami principali via via più biforcati formando una chioma arrotondata, la parte bassa è caratterizzata da rami orizzontali, che stanno ormai sfuggendo alla dominanza apicale e si allungano verso l’esterno uscendo dall’ombra dei rami superiori o, in certi casi, sono assenti e l’intera chioma è tondeggiante.
Indipendentemente dallo stile adottato, ogni bonsai ripete forme presenti in natura, con "variazioni sul tema" che si riscontrano anche negli alberi naturali e dipendono dalla specie e dalle condizioni ambientali.
Nella maggior parte degli esemplari allevati a bonsai si cerca anzi di dare unicità a una pianta, riproducendo forme estreme, a volte apparentemente impossibili, se non fosse che in natura si trovano esempi ancora più incredibili.
Fonti:
Foto:
Forma naturale
La forma globale di un albero è plasmata dall’azione combinata di crescita primaria e secondaria, le cui regole sono scritte nel genoma e, come tali, tipiche di una specie, ma soprattutto è dovuta all’età fisiologica, intesa non come età effettiva, ma come lo stadio di sviluppo della struttura in cui si trova la pianta in un dato momento della sua vita.
Infine, la forma è influenzata anche dall’ambiente in cui la pianta cresce, soprattutto in quei casi estremi in cui la lotta per la sopravvivenza determina un adattamento della forma a particolari agenti esterni.
Durante lo sviluppo di un germoglio si ha la formazione di foglie, internodi e gemme laterali.
Queste ultime, nella maggior parte degli alberi che vivono in climi temperati-freddi, non si attivano prima della primavera successiva. Ma anche allora, la possibilità di crescere e dare origine a un nuovo germoglio, è fortemente influenzata da quella che è chiamata dominanza apicale: la gemma che si trova all’apice (detta anche gemma tiralinfa) è la prima ad attivarsi e le sue foglie in crescita producono ormoni (auxine) che scendono lungo il ramo bloccando lo sviluppo delle gemme inferiori e convogliando acqua e sali minerali esclusivamente verso l’apice.
In tal modo in un ramo nato in un certo anno, si svilupperanno solo alcune delle gemme: talvolta solo quella apicale, determinando il semplice allungamento del ramo senza produrre nuove ramificazioni, talvolta solo quelle immediatamente sotto l’apice, oppure quelle più basse e lontane dall’apice nei casi in cui la dominanza apicale sia basale (piante basitone, per lo più arbusti).
Il meccanismo della dominanza apicale varia durante lo sviluppo.
In primavera, quando la gemma apicale sta per schiudersi, le auxine bloccano l’apertura delle gemme laterali, e concentrano le energie e le risorse verso l’apice.
In questa fase, per poter attivare le gemme laterali è sufficiente rimuovere la gemma apicale e immediatamente quelle sottostanti si attivano, determinando la partenza di uno o più germogli, i quali poi ripristinano, a loro volta, la dominanza apicale sulle gemme sottostanti.
Più avanti in primavera, quando le foglie hanno raggiunto la maturità, non sono più le auxine a bloccare le gemme, ma altri meccanismi legati alla presenza delle foglie adulte.
In questa fase, per attivare le gemme laterali non è più sufficiente rimuovere l’apice, ma è necessario eliminare anche un certo numero di foglie adulte.
Nel corso dell’estate neppure la defogliazione è in grado di eliminare l’inibizione delle gemme laterali, a causa di altre inibizioni interne alla pianta.
Nella pratica bonsai è necessario ridurre o eliminare la dominanza apicale, al fine ad esempio di evitare che un ramo si allunghi troppo e di consentire lo sviluppo di germogli più arretrati.
Alla luce delle considerazioni viste, è facile comprendere che, durante la primavera, con la potatura dei rami e la successiva cimatura dei nuovi germogli, si stimola l’apertura delle gemme più arretrate.
Inoltre, mediante la defogliazione dei nuovi germogli è in molti casi possibile ottenere la partenza anticipata di nuove gemme, cioè quelle sullo stesso germoglio dell’anno in corso. Ma occorre tenere presente che dal mese di luglio in poi tali pratiche in molti casi diventano perfettamente inutili e spesso dannose.
Bisogna a questo punto fare anche una distinzione tra diversi tipi di crescita dei germogli a seconda delle specie.
Ci sono specie la cui crescita è completamene predeterminata: in tali casi, cioè, il numero di foglie e internodi del singolo germoglio in un dato anno è già stabilita all’interno della gemma. Quest’ultima, infatti, l’anno precedente ha sviluppato un certo numero di bozze fogliari e internodi, che si svilupperanno nell’anno in corso.
Al termine della crescita, il germoglio formerà una nuova gemma apicale che in condizioni naturali si aprirà solo l’anno successivo.
Le piante di questo tipo, dette aritmiche, in caso di buon vigore anziché produrre nuove foglie tendono a sviluppare un aumento della loro dimensione e un forte allungamento degli internodi.
Sono specie aritmiche: Aceri, Frassini, Platani, Fichi ecc.
Altre specie, invece, hanno una crescita a flussi successivi nell’arco della stessa stagione vegetativa.
In pratica, una volta che il germoglio ha sviluppato tutte le sue foglie, si interrompe per un breve periodo, dopo di che la nuova gemma apicale prosegue il suo sviluppo con nuove foglie e nuovi internodi.
In queste piante, dette ritmiche, in un anno possono svilupparsi diverse generazioni di foglie su uno stesso ramo e un eccesso di vigore si traduce in un maggior numero di foglie, le quali restano di dimensioni costanti più piccole e con internodi più corti.
Sono specie ritmiche: Querce, Olmi, Olivi, Meli, Prunus ecc.
Per questo motivo, piante come gli Aceri allevati a bonsai, se non si tengono sotto controllo annaffiature e concimazioni, soprattutto in primavera, tendono a sviluppare foglie molto grandi e internodi lunghi, rendendo quasi obbligatoria la defogliazione.
Addirittura alcune specie, come l’Acer pseudoplatanus (Acero di monte), oppure lo stesso platano, sono estremamente difficili da tenere sotto controllo anche con questi accorgimenti, al punto che la loro coltivazione a bonsai è sconsigliata.
Altre piante invece, come ad esempio l’olmo, non necessitano di defogliazione perché essendo ritmiche presentano foglie e internodi di dimensioni costanti: hanno bisogno invece di continue cimature, grazie a uno sviluppo quasi ininterrotto di nuove cacciate.
La dominanza apicale – che agisce a livello delle gemme – determina poi un’influenza sulla crescita dei rami, una volta che una gemma si “sblocca” per dare origine a un nuovo germoglio.
A livello dell’intera pianta, infatti, l’effetto delle auxine è quello di convogliare acqua e sali minerali preferibilmente verso alcuni rami rispetto ad altri.
Gli effetti di questa disparità tra rami “dominanti” e “dominati” sono sostanzialmente tre:
- Acrotonia: è lo sviluppo maggiore dei rami più alti rispetto a quelli bassi. Di fatto è il meccanismo che permette agli alberi di crescere in altezza, distinguendoli da arbusti e cespugli che sviluppano maggiormente rami bassi (basitonia);
- Plagiotropismo: è la crescita dei rami in direzione orizzontale. Più un ramo è dominato, più tenderà a svilupparsi orizzontalmente, mentre i rami dominanti tenderanno a crescere inclinati verso l’alto o verticalmente;
- Simmetria orizzontale e ipotonia: mentre il ramo apicale è verticale e ramifica con simmetria radiale (rami in tutte le direzioni), un ramo dominato tende a ramificare con una simmetria orizzontale, ossia con rami disposti su un piano orizzontale (o inclinato) e ipotoni, ossia che crescono verso il basso (o verso l’esterno), mentre non svilupperà rami verso l’alto o verso l’interno della chioma.
La combinazione di questi fattori determina la crescita dell’albero e la sua forma.
La struttura di un albero non è statica e non è mai definitiva, in quanto si riferisce a un particolare momento del suo sviluppo. Occorre quindi descrivere come evolve nel tempo la struttura di un albero naturale.
Esistono una decina di “fasi” dello sviluppo di un albero, partendo dal seme fino ad arrivare alla morte, ma si possono riassumere in tre “macrofasi”: crescita, maturità, vecchiaia.
Le fasi della crescita (da 1 a 4 nella figura qui sopra) sono fortemente influenzate dalla dominanza apicale e dagli effetti che abbiamo appena descritto: un albero giovane è caratterizzato da un unico asse verticale (ramo apicale) e da una serie di rami fortemente dominati da questo.
I rami più vicini all’apice sono anche quelli più vigorosi (acrotonia) e inclinati verso l’alto, mentre via via che si scende troviamo rami sempre più orizzontali che a loro volta ramificano verso il basso (ipotonia).
La crescita di questo tipo è detta monopodiale.
In conseguenza allo sviluppo in altezza, si allunga anche il percorso che deve fare l’acqua per salire dalle radici all’apice contro la forza di gravità; a seguto di ciò, l’apice perde via via la propria dominanza sugli altri rami.
A quel punto, le branche subito sottostanti iniziano a prendere il sopravvento, la loro crescita si orienta verso l’alto e iniziano ad assumere una simmetria radiale (isotonia).
Ciascun apice ripete il modello di crescita dell’apice originario e diventa indipendente da questo, le sue ramificazioni finiscono a loro volta per prendere il sopravvento, e così via (fasi 5 e 6)
La chioma assume la forma di una cupola, non si distingue più una linea del tronco, ma una serie di tronchi secondari che ramificano progressivamente (crescita simpodiale).
I rami più bassi, nati per primi e fortemente dominati, finiscono per morire progressivamente. Siamo nelle fasi di maturità: ora lo sviluppo in altezza termina e i rami si rinnovano per sostituzioni successive.
La crescita li porta a inclinarsi sotto il proprio peso, permettendo alle ramificazioni che crescono verso l’alto di svilupparsi maggiormente (epitonia): queste sopprimono quelle sul lato inferiore e in seguito l’asse principale stesso, andando a sostituirlo (fasi 7 e 8).
(Lo vediamo nella foto qui sotto dove in Quercus robur (Farnia), la parte superiore del tronco è suddivisa e non si distingue più un apice unico).
Infine, sopraggiungono le fasi della vecchiaia.
Con l'andar del tempo comincia a venir meno il rapporto tra la vegetazione e le radici, le parti verdi devono produrre una quota di energia sempre più alta per nutrire tessuti non produttivi (quelli del legno che aumenta sempre a causa della crescita secondaria di tronco, rami e radici); anche la funzionalità delle radici è a poco a poco compromessa perché, con l’accrescersi del diametro del tronco, la parte viva si allontana sempre di più dal centro e le radici più interne finiscono per morire, limitando l’apporto idrico ai rami, soprattutto agli apici più lontani.
Da questo momento il vigore della pianta si concentra sempre più verso la base dei rami e verso il tronco.
I rami più esterni vengono abbandonati e vecchie gemme quiescenti si riattivano, ricostruendo una ramificazione sempre più interna (fase 9).
Possiamo vedere questo fenomeno nell'immagine qui sotto di un Acero di monte (Acer pseudoplatanus) – Madonna dell’Acero – (Corno alle Scale).
L’albero ha più di 400 anni. Lo stato di deperimento generale denota la perdita di gran parte della ramificazione originaria e la formazione di branche epitoniche direttamente dal tronco e dal ramo rimasto.
L’attività del cambio si concentra attorno alle ultime ramificazioni rimaste e forma nuove radici nella parte più esterna, finché l’albero si suddivide in colonne, ciascuna formata da branche, pezzi di tronco e radici, completamente separate e indipendenti l’una dall’altra, di fatto individui fisicamente separati da tratti di legno morto (fase 10).
La situazione è ben rappresentata nel Platano di Ippocrate (Kos, Grecia). Questo albero ha più di 2500 anni. Il tronco originale si è completamente separato e le sue parti formano diversi esemplari indipendenti.
Questa situazione è comunque molto rara, perché nella maggior parte dei casi l’albero muore per altre patologie dovute al suo progressivo indebolimento.
Le fasi che ho descritto sono tipiche di tutti gli alberi, angiosperme e conifere, anche se per queste ultime ci possono essere delle differenze in termini di selezione dei rami: ad esempio, mentre i Pini tendono a seguire questo modello, gli Abeti hanno una forte persistenza del germoglio apicale per gran parte della loro vita, inoltre l’albero attua una preselezione dei rami, i quali non hanno bisogno di essere rinnovati così di continuo, ma in ogni caso le fasi finali sono ben visibili.Fattori ambientali
Le fasi di sviluppo che caratterizzano la crescita naturale sono un modello che l’albero segue quando è libero di crescere e sussistono condizioni ottimali che ne favoriscono la sua naturale espressione.
Ma in natura non sempre le condizioni ambientali sono ideali e, in molti casi, uno o più fattori contribuiscono a disturbare la crescita, plasmando l’albero che per istinto di sopravvivenza deve continuare a crescere adattandosi all’ambiente.
Piante che crescono in zone particolarmente esposte al vento subiscono sia effetti meccanici (rotture e piegature di rami, sradicamento del tronco), sia effetti termici o chimici (salsedine, essiccamento di gemme dovute ai venti caldi o freddi) che provocano una crescita monodirezionale della vegetazione o la morte di rami che poi seccano formando vere e proprie sculture, come vediamo nella foto qua sotto che raffigura un Ginepro che, a causa dell'esposizione a venti, salsedine e siccità, ha prodotto tronco e rami avvolti a spirale e vaste porzioni di legno secco.
In ambienti soggetti a smottamento o ad erosione del terreno, si assiste a cambi di inclinazione o scopertura dell’apparato radicale.
Fulmini e incendi provocano cicatrici estese all’intera pianta.
La presenza di altri alberi vicini produce una crescita prostrata, con vegetazione che "fila" in cerca di luce.
In presenza di animali si può assistere a una “brucatura” costante dei nuovi germogli, che mantengono quotidianamente cimata la vegetazione.
Insetti, malattie o traumi possono provocare la morte di una zona del tronco o delle radici, formando cavità che si possono estendere a tutta la struttura.
Questi e altri fattori esterni provocano, con meccanismi a volte ancora sconosciuti, un’alterazione della forma, non dovuta soltanto alla causa in sé, ma anche all’effetto: la parte viva continua a crescere attorno alla parte morta e la combinazione di causa ed effetto dà come risultato una forma totalmente unica e irripetibile.
Come l'animale, la pianta non sceglie dove nascere ma, a differenza degli animali, le piante non possono “migrare” e sono costrette, loro malgrado, a rimanere sempre nello stesso luogo, subendone le conseguenze per tutta la vita.
Traslando questo discorso ad una pianta bonsai, dobbiamo innanzitutto chiarire che, in questo caso, una pianta può ispirare una forma all’artista, ma sarà poi l’artista stesso a costruirla, basandosi su canoni estetici o sull'osservazione di forme naturali.
In ogni caso, l’idea è quella di ottenere una forma che ricordi un albero nella sua fase adulta, di maturità, il che a seconda delle specie che si utilizzano porta a diversi tipi di impostazione.
Nelle conifere l’apice è sempre molto definito, così come l’asse principale del tronco, i rami laterali sono orizzontali, o leggermente inclinati verso il basso.
Nelle caducifoglie, invece, l’asse principale è definito solo nella parte iniziale, la parte alta si divide in rami principali via via più biforcati formando una chioma arrotondata, la parte bassa è caratterizzata da rami orizzontali, che stanno ormai sfuggendo alla dominanza apicale e si allungano verso l’esterno uscendo dall’ombra dei rami superiori o, in certi casi, sono assenti e l’intera chioma è tondeggiante.
Indipendentemente dallo stile adottato, ogni bonsai ripete forme presenti in natura, con "variazioni sul tema" che si riscontrano anche negli alberi naturali e dipendono dalla specie e dalle condizioni ambientali.
Nella maggior parte degli esemplari allevati a bonsai si cerca anzi di dare unicità a una pianta, riproducendo forme estreme, a volte apparentemente impossibili, se non fosse che in natura si trovano esempi ancora più incredibili.
Fonti:
- Facoltà di agraria, università di Firenze: Lezioni di Botanica Generale
- Dipartimeno di Biologia Vegetale, Università di Torino: Struttura del Legno
- Pierre Raimbault: L’albero, un'entità biologica
Foto:
- I, II, VI e VII dal Web
- III, IV, V e VIII di Andrea Borghi
Autore: Andrea Borghi