Il periodo invernale è il periodo delle potature. Il nostro Paese però , per tradizione definito patria della Cultura e del Bel Paesaggio, quasi a mo' di locandina turistica, è afflitto dal terribile male delle cesoie che non sanno dove posarsi. Così, accanto a potature arboree eseguite "a regola d'arte" in numero ahimè sempre più esiguo, troviamo veri e propri scempi del nostro patrimonio verde che vanno a costituire in primo luogo un danno spesso irreparabile per la pianta, in seconda istanza un affronto alla bellezza del Paesaggio inteso come rapporto tra l'uomo e la Natura che lo ospita e che da lui per millenni è stata modificata.
Per questo motivo ho deciso di inaugurare questa raccolta fotografica di scempi vegetali, commentando ciascun gruppo di foto con la dovuta cura e analizzando dove stanno gli errori. Le fotografie ovviamente fanno riferimento al territorio in cui vivo io, l'Appennino Tosco - Romagnolo e sarebbe molto bello e costruttivo vedere anche le vostre fotografie, le vostre esperienze, per avere un panorama più ampio della situazione arborea italiana.
L'ultima sessione è dedicata a scelte forestali operate nei decenni passati oggi ritenute dalle moderne tecniche forestali abbastanza discutibili.
Il tutto,ovviamente, è dinamico e soggetto ad aggiornamenti. Buona visione.
1)Partiamo subito col caso più grave: la capitozzatura. L'albero viene reciso eliminando le branche principali. La forma naturale della chioma è definitivamente compromessa e se si tratta di un albero adulto i tagli non cicatrizzeranno mai.
Nella prima foto trovate la capitozzatura del tutto ingiustificata di un acero che ha cercato di ricostituire la chioma emettendo deboli ricacci disarmonici e contorti. Io chiamo questo caso - in assoluto il più grave - il "voglio eliminarti ma non ho il coraggio". Se l'albero non è più gradito, è pur sempre meglio eliminarlo del tutto che giungere a questo squallido compromesso. Se avessi quest'acero in giardino, alla mattina nel vedere questa povera pianta agonizzante dopo essermi svegliato ed aver aperto la finestra, non riuscirei ad iniziare la giornata serenamente.

Nella seconda, nella terza e nella quarta foto abbiamo la capitozzatura di alcuni tigli di notevoli dimensioni nel parco di un palazzo aristocratico. Qui il danno va anche contro al patrimonio culturale costituito dall'unione della dimora storica col parco che la circonda.



Nella quinta foto una Catalpa troppo aggettante sulla strada è stata così drasticamente ridotta, anziché eseguire tagli di ritorno e di accorciamento delle branche.

La capitozzatura non è pienamente sovrapponibile ad un'altra tecnica, la cosiddetta "testa di salice", impiegata appunto per secoli sulle piante del genere salix per il loro sfruttamento agricolo (consolidamento di argini, produzione di legacci e legname flessibile) né con la tecnica dello "sgamollo".
2)Potature che seguono una forma geometrica astratta e non si preoccupano dell'andamento effettivo della linfa lungo le ramificazioni. Gli agricoltori che hanno a che fare con frutteti quando potano sanno che stanno forzando l'andamento naturale della pianta ai fini di una maggiore produzione. Quindi per necessità conoscono i tipi di gemma, le tipologie di rami e quali di essi sia più vantaggioso conservare, quali eliminare. Le amministrazioni comunali del verde pubblico e i privati cittadini ignorano spesso tutto questo e finiscono per potare una pianta seguendo una forma geometrica pensata astrattamente ma che non segue le esigenze strutturali della pianta.
Per ora vi mostro un solo esempio, in seguito aggiornerò la pagina con altri esempi. Questo acer negundo che un tempo aveva una bella chioma armonica e dava ombra a coloro che volessero sostare sulla sottostante panchina, oltre alla potatura disarmonica ha subito l'eliminazione di una branca molto grossa nel quale taglio non rimarginato si è creata una carie del legno e conseguente crescita di funghi, visibile alla base del tronco. La longevità di questo esemplare è stata così dimezzata.


3) Scelte forestali discutibili. A partire dagli anni '70 si decise di rimboschire le colline precedentemente utilizzate per scopi agricoli. Ma anziché re-introdurre varietà autoctone come olmo - all'epoca ridotto del 70 % nelle foreste di tutta Europa a causa di un patogeno - , carpino, orniello, quercia, pioppo e tante altre si optò, come potete vedere nella prima foto, per il pinus nigra di importazione alpina. Questo fece sì che a lungo andare il Ph del suolo e la qualità dell'humus cambiassero. In sostanza, l'ecosistema è differente rispetto a quello originario.

Queste altre foto mostrano inoltre la complessità della situazione creatasi. Innanzi tutto potete vedere che non ci si limitò all'introduzione del pinus nigra ma si usarono conifere ben più "esotiche" ed attese in un contesto urbano e non selvatico (Cedro del Libano, Cipresso dell'Arizona, eccetera). Queste conifere, piantumate così a poca distanza sono cresciute velocemente ma, arrivate fino agli anni duemila, con le abbondanti nevicate e il dilavamento dei terreni hanno cominciato a collassare mostrando tutta la bruttezza di un paesaggio "ricostituito" senza criterio dalle scelte dell'uomo. Chi ne trae giovamento? Le piante autoctone originarie? No purtroppo, come potete vedere dall'ultima foto, sono le piante cosiddette pioniere a prosperare per prime, come la robinia pseudoacacia o l'alianto volgarmente detto dalle mie parti "nocione".Si tratta di essenze ormai naturalizzate sul nostro territorio sono in realtà d'importazione e l'agire forestale in merito a queste infestanti meriterebbe una discussione a parte.


Per questo motivo ho deciso di inaugurare questa raccolta fotografica di scempi vegetali, commentando ciascun gruppo di foto con la dovuta cura e analizzando dove stanno gli errori. Le fotografie ovviamente fanno riferimento al territorio in cui vivo io, l'Appennino Tosco - Romagnolo e sarebbe molto bello e costruttivo vedere anche le vostre fotografie, le vostre esperienze, per avere un panorama più ampio della situazione arborea italiana.
L'ultima sessione è dedicata a scelte forestali operate nei decenni passati oggi ritenute dalle moderne tecniche forestali abbastanza discutibili.
Il tutto,ovviamente, è dinamico e soggetto ad aggiornamenti. Buona visione.
1)Partiamo subito col caso più grave: la capitozzatura. L'albero viene reciso eliminando le branche principali. La forma naturale della chioma è definitivamente compromessa e se si tratta di un albero adulto i tagli non cicatrizzeranno mai.
Nella prima foto trovate la capitozzatura del tutto ingiustificata di un acero che ha cercato di ricostituire la chioma emettendo deboli ricacci disarmonici e contorti. Io chiamo questo caso - in assoluto il più grave - il "voglio eliminarti ma non ho il coraggio". Se l'albero non è più gradito, è pur sempre meglio eliminarlo del tutto che giungere a questo squallido compromesso. Se avessi quest'acero in giardino, alla mattina nel vedere questa povera pianta agonizzante dopo essermi svegliato ed aver aperto la finestra, non riuscirei ad iniziare la giornata serenamente.

Nella seconda, nella terza e nella quarta foto abbiamo la capitozzatura di alcuni tigli di notevoli dimensioni nel parco di un palazzo aristocratico. Qui il danno va anche contro al patrimonio culturale costituito dall'unione della dimora storica col parco che la circonda.



Nella quinta foto una Catalpa troppo aggettante sulla strada è stata così drasticamente ridotta, anziché eseguire tagli di ritorno e di accorciamento delle branche.

La capitozzatura non è pienamente sovrapponibile ad un'altra tecnica, la cosiddetta "testa di salice", impiegata appunto per secoli sulle piante del genere salix per il loro sfruttamento agricolo (consolidamento di argini, produzione di legacci e legname flessibile) né con la tecnica dello "sgamollo".
2)Potature che seguono una forma geometrica astratta e non si preoccupano dell'andamento effettivo della linfa lungo le ramificazioni. Gli agricoltori che hanno a che fare con frutteti quando potano sanno che stanno forzando l'andamento naturale della pianta ai fini di una maggiore produzione. Quindi per necessità conoscono i tipi di gemma, le tipologie di rami e quali di essi sia più vantaggioso conservare, quali eliminare. Le amministrazioni comunali del verde pubblico e i privati cittadini ignorano spesso tutto questo e finiscono per potare una pianta seguendo una forma geometrica pensata astrattamente ma che non segue le esigenze strutturali della pianta.
Per ora vi mostro un solo esempio, in seguito aggiornerò la pagina con altri esempi. Questo acer negundo che un tempo aveva una bella chioma armonica e dava ombra a coloro che volessero sostare sulla sottostante panchina, oltre alla potatura disarmonica ha subito l'eliminazione di una branca molto grossa nel quale taglio non rimarginato si è creata una carie del legno e conseguente crescita di funghi, visibile alla base del tronco. La longevità di questo esemplare è stata così dimezzata.


3) Scelte forestali discutibili. A partire dagli anni '70 si decise di rimboschire le colline precedentemente utilizzate per scopi agricoli. Ma anziché re-introdurre varietà autoctone come olmo - all'epoca ridotto del 70 % nelle foreste di tutta Europa a causa di un patogeno - , carpino, orniello, quercia, pioppo e tante altre si optò, come potete vedere nella prima foto, per il pinus nigra di importazione alpina. Questo fece sì che a lungo andare il Ph del suolo e la qualità dell'humus cambiassero. In sostanza, l'ecosistema è differente rispetto a quello originario.

Queste altre foto mostrano inoltre la complessità della situazione creatasi. Innanzi tutto potete vedere che non ci si limitò all'introduzione del pinus nigra ma si usarono conifere ben più "esotiche" ed attese in un contesto urbano e non selvatico (Cedro del Libano, Cipresso dell'Arizona, eccetera). Queste conifere, piantumate così a poca distanza sono cresciute velocemente ma, arrivate fino agli anni duemila, con le abbondanti nevicate e il dilavamento dei terreni hanno cominciato a collassare mostrando tutta la bruttezza di un paesaggio "ricostituito" senza criterio dalle scelte dell'uomo. Chi ne trae giovamento? Le piante autoctone originarie? No purtroppo, come potete vedere dall'ultima foto, sono le piante cosiddette pioniere a prosperare per prime, come la robinia pseudoacacia o l'alianto volgarmente detto dalle mie parti "nocione".Si tratta di essenze ormai naturalizzate sul nostro territorio sono in realtà d'importazione e l'agire forestale in merito a queste infestanti meriterebbe una discussione a parte.



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