“Questo clima che c’infligge sei mesi di febbre a quaranta gradi; … questa nostra estate lunga e tetra quanto l’inverno russo... e dopo piogge, sempre tempestose, che fanno impazzire i torrenti asciutti”.
(Tomasi di Lampedusa)

La natura siciliana, lo sto scoprendo da poco, è uno degli ambienti naturali veramente più particolari. Dico che lo sto scoprendo da poco perché chi ci vive non ne nota i lati caratteristici, tutto sembra normale.
Ma dal confronto con chi non è siciliano, vedo con altri occhi la mia Terra.
Fin dal V secolo a.C. la Sicilia è stata un punto focale per gli scambi commerciali, grazie alla sua posizione strategica ma anche grazie alla natura fertile del territorio.
Arrivarono i Greci e vi si trasferirono per la ricchezza delle terre coltivabili, poi arrivarono i Romani e con loro divenne il granaio dell’Impero, tanto che la terra venne sfruttata fino all’osso.
Il passaggio degli eserciti barbarici e bizantini portò la desolazione nelle campagne e l’abbandono della coltivazione dell’Ulivo.

Gli arabi arrivarono nel IX secolo d.C. e introdussero alcune piante: il riso, il grano duro (molto adatto al clima subtropicale e idoneo ad essere conservato per un lungo periodo come riserva contro la carestia), il pistacchio, il gelso, la palma da dattero, il melone, il banano, l’arancio amaro, il limone, la canna da zucchero coltivata fino al XV secolo, il Sommacco (pianta usata per conciare le pelli e tingere) e pare anche la cipolla di… Calabria.
Tutte queste colture sono state possibili grazie ai nuovi metodi di coltivazione e d’irrigazione importati dagli arabi utilizzando le gebbie, delle cisterne dalle quali partivano dei rigagnoli che permettevano di incanalre l'acqua verso i campi (metodo oggi visibile nel giardino della Kolymbetra ad Agrigento).

L’importanza di questo metodo di irrigazione è comprensibile solo se si conosce il clima siciliano. Io scherzo sempre dicendo che siamo il nord dell’Africa, ma, in effetti, la Sicilia è climaticamente più vicina all’Africa che all’Italia.
Da qui anche la mia citazione iniziale di Tomasi di Lampedusa, perché solo chi è nato in Sicilia credo che possa amare questo clima e non soffrire il nostro caldo.
Ci sono campi verdi solamente dall’autunno alla primavera, l’estate è un tripudio di giallo e non solo per i campi di grano, ma anche perché nessuna pianta poco resistente può sopravvivere ai quaranta gradi della torrida estate siciliana.

Chi arriva in Sicilia a fine gennaio trova già la primavera. Gli aranceti sono meravigliosi col verde brillante delle foglie e l’arancione dei frutti dei mandarini e delle arance e con il giallo dei limoni… Agrumeti che tra la fine di aprile e i primi di maggio, quando la temperatura prende a salire, di notte diventano luoghi degni delle mille e una notte… L’aria tiepida, il profumo di zagara che entra dentro le case…
Ai primi di febbraio, invece, i campi dove sono stati piantati i Mandorli diventano delle nuvole bianche, soprattutto quando sono colpiti dai raggi del sole!

E poi i Carrubi (Ceratonia siliqua), le piante di Aloe, le Bouganville, le piante di Chamaerops humilis che crescono spontane e i Fichi d’India (Opuntia ficus-indica) che venivano utilizzati in passato come limiti fra le terre.
Tutti i siciliani riconoscono i Fichi d’India: quelli rossi sono bellissimi, quelli più buoni sono i bianchi, ma ci sono anche quelli gialli… non esiste terreno che non abbia dei Fichi d’india.

Poi ci sono Ulivi centenari, non nelle ville, ma nei campi ai lati delle strade, coi loro tronchi attorcigliati… si dice che siano stati piantati dagli arabi, da qui il nome di Ulivi saraceni.

E le Plumerie, naturalizzate come piante siciliane e qui chiamate Pomelie.
Sono arrivate a Palermo intorno al ‘700, portate dagli inglesi, e si sono poi diffuse in tutta la Sicilia. Nell’Orto Botanico della città oggi sono visibili piante vecchissime.
Ai primi del ‘900 ogni palazzo nobiliare aveva una pianta di Pomelia, bianca nella parte esterna e gialla in quella interna. Una delle più belle è proprio la “Palermitana”.
La Sicilia è terra di piante bellissime e vistosissime, ma prima di terminare non posso omettere di citare tre arbusti che spesso ci invidiano, perché crescono bene solo in una determinata fascia climatica, fortunatamente in questa fascia rientra la Sicilia!
Sono la Jacaranda mimosaefolia, pianta ormai utilizzata per la creazione di viali cittadini, spettacolare la sua fioritura che fa apparire tutto come avvolto in una nuvola viola intorno ai primi di maggio.
L’Erythrina crista-galli, che in estate produce delle infiorescenze di colore rosso corallo e infine la Chorisia speciosa, col suo tronco particolarissimo perché pieno di aculei. Il nome in latino significa “di bell’aspetto, appariscente” e allude ai fiori vistosi.

Il prossimo passo qual è? Semplice, venire in Sicilia e scoprire di persona tutte queste meraviglie!
(Tomasi di Lampedusa)

La natura siciliana, lo sto scoprendo da poco, è uno degli ambienti naturali veramente più particolari. Dico che lo sto scoprendo da poco perché chi ci vive non ne nota i lati caratteristici, tutto sembra normale.
Ma dal confronto con chi non è siciliano, vedo con altri occhi la mia Terra.
Fin dal V secolo a.C. la Sicilia è stata un punto focale per gli scambi commerciali, grazie alla sua posizione strategica ma anche grazie alla natura fertile del territorio.
Arrivarono i Greci e vi si trasferirono per la ricchezza delle terre coltivabili, poi arrivarono i Romani e con loro divenne il granaio dell’Impero, tanto che la terra venne sfruttata fino all’osso.
Il passaggio degli eserciti barbarici e bizantini portò la desolazione nelle campagne e l’abbandono della coltivazione dell’Ulivo.

Gli arabi arrivarono nel IX secolo d.C. e introdussero alcune piante: il riso, il grano duro (molto adatto al clima subtropicale e idoneo ad essere conservato per un lungo periodo come riserva contro la carestia), il pistacchio, il gelso, la palma da dattero, il melone, il banano, l’arancio amaro, il limone, la canna da zucchero coltivata fino al XV secolo, il Sommacco (pianta usata per conciare le pelli e tingere) e pare anche la cipolla di… Calabria.
Tutte queste colture sono state possibili grazie ai nuovi metodi di coltivazione e d’irrigazione importati dagli arabi utilizzando le gebbie, delle cisterne dalle quali partivano dei rigagnoli che permettevano di incanalre l'acqua verso i campi (metodo oggi visibile nel giardino della Kolymbetra ad Agrigento).

L’importanza di questo metodo di irrigazione è comprensibile solo se si conosce il clima siciliano. Io scherzo sempre dicendo che siamo il nord dell’Africa, ma, in effetti, la Sicilia è climaticamente più vicina all’Africa che all’Italia.
Da qui anche la mia citazione iniziale di Tomasi di Lampedusa, perché solo chi è nato in Sicilia credo che possa amare questo clima e non soffrire il nostro caldo.
Ci sono campi verdi solamente dall’autunno alla primavera, l’estate è un tripudio di giallo e non solo per i campi di grano, ma anche perché nessuna pianta poco resistente può sopravvivere ai quaranta gradi della torrida estate siciliana.





Chi arriva in Sicilia a fine gennaio trova già la primavera. Gli aranceti sono meravigliosi col verde brillante delle foglie e l’arancione dei frutti dei mandarini e delle arance e con il giallo dei limoni… Agrumeti che tra la fine di aprile e i primi di maggio, quando la temperatura prende a salire, di notte diventano luoghi degni delle mille e una notte… L’aria tiepida, il profumo di zagara che entra dentro le case…
Ai primi di febbraio, invece, i campi dove sono stati piantati i Mandorli diventano delle nuvole bianche, soprattutto quando sono colpiti dai raggi del sole!



E poi i Carrubi (Ceratonia siliqua), le piante di Aloe, le Bouganville, le piante di Chamaerops humilis che crescono spontane e i Fichi d’India (Opuntia ficus-indica) che venivano utilizzati in passato come limiti fra le terre.
Tutti i siciliani riconoscono i Fichi d’India: quelli rossi sono bellissimi, quelli più buoni sono i bianchi, ma ci sono anche quelli gialli… non esiste terreno che non abbia dei Fichi d’india.


Poi ci sono Ulivi centenari, non nelle ville, ma nei campi ai lati delle strade, coi loro tronchi attorcigliati… si dice che siano stati piantati dagli arabi, da qui il nome di Ulivi saraceni.

E le Plumerie, naturalizzate come piante siciliane e qui chiamate Pomelie.
Sono arrivate a Palermo intorno al ‘700, portate dagli inglesi, e si sono poi diffuse in tutta la Sicilia. Nell’Orto Botanico della città oggi sono visibili piante vecchissime.
Ai primi del ‘900 ogni palazzo nobiliare aveva una pianta di Pomelia, bianca nella parte esterna e gialla in quella interna. Una delle più belle è proprio la “Palermitana”.
La Sicilia è terra di piante bellissime e vistosissime, ma prima di terminare non posso omettere di citare tre arbusti che spesso ci invidiano, perché crescono bene solo in una determinata fascia climatica, fortunatamente in questa fascia rientra la Sicilia!
Sono la Jacaranda mimosaefolia, pianta ormai utilizzata per la creazione di viali cittadini, spettacolare la sua fioritura che fa apparire tutto come avvolto in una nuvola viola intorno ai primi di maggio.
L’Erythrina crista-galli, che in estate produce delle infiorescenze di colore rosso corallo e infine la Chorisia speciosa, col suo tronco particolarissimo perché pieno di aculei. Il nome in latino significa “di bell’aspetto, appariscente” e allude ai fiori vistosi.


Autore: Lidia Castronovo (Lidia)
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