Parlando del giardino di Villa San Michele non si può non parlare di tutto ciò che ne è parte rilevante e, sotto certi aspetti, predominante. Mi riferisco non solo al giardino in sé, ma anche alla casa e al luogo in cui è stata costruita.
Quando non lo si è ancora visitato, si pensa, anche essendosi documentati, ad un bel giardino posto in un angolo di mondo meraviglioso come Anacapri.
In realtà nulla di quello che ci si immagina corrisponde a ciò che è, invece, Villa San Michele col suo giardino.
La casa dalle linee morbide e pulite è una strana mescolanza di stili, ricca di atmosfere che poi, come un fluido sottile, dilagano nel giardino, negli scorci, nelle soluzioni architettoniche, nei particolari che questo grande personaggio ha fortemente voluto.
Tutto ciò che si scorge con lo sguardo all'interno e all'esterno colpisce non solo il senso estetico del visitatore, ma anche la sua intimità.
È un luogo magico, pieno di spiritualità, intesa come totale adesione ai valori etici e spirituali dell’essere umano, capace di donare quiete e straordinari momenti di profonda riflessione.
Per capire meglio voglio parlarvi sia di tutto il contesto, sia di colui che riuscì ad erigere questo capolavoro di bellezza, cioè Axel Munthe, con la speranza di potervi condurre per mano in un’emozione profonda come quella che ho vissuto io visitando questo luogo straordinario.
CHI ERA AXEL MUNTHE
Axel Munthe era un medico di origine svedese che in gioventù aveva lavorato anche a Parigi e nella maturità alla corte svedese.
Giovanissimo visitò l'isola di Capri e se ne innamorò tanto da ripromettersi di costruirvi la sua casa, in un punto dell'isola meravigliosamente esposto, per poter godere del bellissimo paesaggio e per poter abbracciare il sole, il vento, il mare e la luce "come in un tempio greco", come lui stesso amava dire. Provenendo da un paese che è fortemente avaro di questi due elementi, cercava infatti uno stretto rapporto con la luce e il sole.
La casa sorge sulle rovine di un'antica villa romana che sono ancora visibili nel giardino. La villa prende il nome da una piccolissima chiesa medievale dedicata a San Michele di cui erano presenti i resti nella proprietà e che è stata riportata alla vita dallo stesso Munthe grazie ad un sapiente restauro.
Per erigere questa straordinaria dimora Munthe stesso lavorò duramente, senza un vero progetto, ma soltanto utilizzando degli schizzi che aveva tracciato su un muro e avvalendosi unicamente della collaborazione di un muratore del luogo. Insieme dettero vita all'incanto che vi mostrerò...
Formatosi alla scuola di Charcot, uno dei nomi di spicco della neurologia a cui si devono molti e innovativi studi sull'ipnosi medica, Munthe fu famoso più come filantropo e scrittore che come medico e anzi si stupiva della fiducia che gli veniva accordata nella sua vera professione.
Egli amò moltissimo questi luoghi e a Capri visse diversi anni, anche se non riuscì a godere lungamente la casa e il giardino a causa di seri problemi agli occhi che gradualmente lo portarono alla cecità.
Questo grave problema di salute lo costrinse, con grande dolore, ad abbandonare Villa San Michele per tornare nel suo paese d'origine, dove lo stesso Re Gustavo gli fu vicino nel momento della morte.
Era, Munthe, un uomo semplice e molto diretto. Amava moltissimo l'umanità: si compenetrava e partecipava sentitamente al dolore degli umili fornai del bassifondi di Parigi, così come ai malanni di tipo psicosomatico dei suoi pazienti più ricchi e blasonati.
Nel suo libro Storia di San Michele, edito da Garzanti e tradotto in 48 lingue, racconta di un'epidemia di vaiolo in cui lui e un italiano di umili origini si adoperano per giorni e notti per aiutare intere famiglie decimate dalla malattia.
Parla anche con molta sofferenza, grande solidarietà e profonda partecipazione delle tragedie che colpivano queste genti. Soffre il loro dolore e piange le loro lacrime.
Lo stesso avverrà con l'epidemia di colera che colpì Napoli e con le vicende della prima guerra mondiale, che vedranno Villa San Michele diventare ospedale e convalescenziario per i soldati inglesi.
Oggi la casa, il giardino e tutti i suoi possedimenti sono sede del consolato svedese e patrimonio dello stato svedese; li cura e li gestisce una fondazione che ospita studiosi a livello internazionale e che si occupa, oltre che di rapporti culturali fra il nostro paese e la Svezia, anche della tutela degli uccelli migratori (Munthe amava moltissimo gli animali ed in particolare si adoperò affinché i migratori che passavano sopra Capri non venissero più indiscriminatamente uccisi).
LA CASA
Si entra da una piccola porta che conduce immediatamente nel cuore della casa e della cucina.
Gli arredi sono semplici, benché Munthe fosse un personaggio molto in vista e molto noto anche a livello internazionale e la sua casa fosse spesso visitata dai reali svedesi.
Lo stile richiama la cultura classica: ovunque ci sono statue e reperti che in parte furono ritrovati durante gli scavi per erigere la villa e in parte scoperti presso rigattieri e antiquari.
Capri era ricchissima di reperti archeologici ed è curioso scoprire come l'uomo di fatica e di fiducia di Munthe, Vincenzo, scavando i solchi del vigneto avesse trovato tantissimi resti archeologici che sistematicamente lanciava in mare da un dirupo nei pressi del suo campicello.
La sobrietà delle architetture e la semplicità degli arredi confermano le sensazioni percepite leggendo i pochi cenni biografici nella guida che ho tra le mani.
Uscendo dalla cucina, dove sono ben conservati gli utensili tipici del periodo e i cui rivestimenti sono nella tipica maiolica del luogo, si attraversa un piccolo cortile che conduce alle stanze del piano superiore e al giardino.
In questo passaggio, le atmosfere si palesano e comincio a percepire l’emozione: c'è un che di intimo in questo luogo che è impossibile non cogliere.
La bellezza delle architetture, così perfettamente inserite nel paesaggio, il nitore dei muri, dei colonnati e delle pavimentazioni danno luce e respiro ad angoli quasi inerti.
Le bifore delle stanze e le arcate dei porticati mi portano ad immaginare quest’uomo passeggiare sul selciato, immerso nel silenzio dei suoi pensieri o in una lettura.
Entriamo nelle stanze padronali.
La sua camera da letto è ancora perfettamente conservata. Lo stile è contenuto e modesto, un po' ovunque libri e segni della sua vita.
Qui, invece, un angolo del soggiorno e un'altra parte della stessa stanza che ha visto passare personaggi importanti, intellettuali di spicco e teste coronate... un cenacolo di pensieri e di musica, di canto e di riflessioni.
I punti focali in questi porticati sono molti e uno è più bello dell'altro, ognuno ha un diverso significato, ognuno offre allo sguardo intimità, ricercatezza, sobrietà e solennità.
Da un corridoio si passa ad un altro, ma lo sguardo è spesso colpito, quasi rapito da sensazioni emozionanti, si percepisce ovunque la sensibilità di chi ha creato questo luogo.
Scorci che si parano davanti agli occhi all'improvviso, che colpiscono e mi colpiscono, che mi fanno percepire il suo passaggio, la sua determinazione nel voler a tutti i costi richiamare l'attenzione sulla bellezza, immergendo la mente in un turbinio di sensazioni.
Poggioli che d'improvviso si affacciano a strapiombo sul mare...
Piccoli e intimi cavedi da costeggiare passeggiando, sommersi da una vegetazione rigogliosa e palpitante, ornata solo da piccole statue che si intuiscono tra le foglie e circondata da acqua che scorre lieve.
In certi passaggi la mente è persino stordita. Non riesco ancora oggi ad ubicare certi angoli, certi percorsi, per quanto sono stata coinvolta dalle atmosfere di questi ampi porticati e dai bianchi corridoi che, sorprendentemente, portano faccia a faccia con scorci da togliere il respiro.
Poi, d’improvviso, una sala, chiamata il Loggiato delle Statue, aperta al vento e allo sguardo verso il mare, ricca di statue raccolte dallo stesso Munthe, ornata da un meraviglioso tavolo del mosaico tipico del luogo.
Un percorso che conduce al giardino, che introduce al giardino perché, dopo questa stanza, si para davanti agli occhi uno spettacolo che lascia senza fiato, ma di questo vi parlerò nel prossimo articolo...
Autore: Anna Damiani
Quando non lo si è ancora visitato, si pensa, anche essendosi documentati, ad un bel giardino posto in un angolo di mondo meraviglioso come Anacapri.
In realtà nulla di quello che ci si immagina corrisponde a ciò che è, invece, Villa San Michele col suo giardino.
La casa dalle linee morbide e pulite è una strana mescolanza di stili, ricca di atmosfere che poi, come un fluido sottile, dilagano nel giardino, negli scorci, nelle soluzioni architettoniche, nei particolari che questo grande personaggio ha fortemente voluto.
Tutto ciò che si scorge con lo sguardo all'interno e all'esterno colpisce non solo il senso estetico del visitatore, ma anche la sua intimità.
È un luogo magico, pieno di spiritualità, intesa come totale adesione ai valori etici e spirituali dell’essere umano, capace di donare quiete e straordinari momenti di profonda riflessione.
Per capire meglio voglio parlarvi sia di tutto il contesto, sia di colui che riuscì ad erigere questo capolavoro di bellezza, cioè Axel Munthe, con la speranza di potervi condurre per mano in un’emozione profonda come quella che ho vissuto io visitando questo luogo straordinario.
CHI ERA AXEL MUNTHE
Axel Munthe era un medico di origine svedese che in gioventù aveva lavorato anche a Parigi e nella maturità alla corte svedese.
Giovanissimo visitò l'isola di Capri e se ne innamorò tanto da ripromettersi di costruirvi la sua casa, in un punto dell'isola meravigliosamente esposto, per poter godere del bellissimo paesaggio e per poter abbracciare il sole, il vento, il mare e la luce "come in un tempio greco", come lui stesso amava dire. Provenendo da un paese che è fortemente avaro di questi due elementi, cercava infatti uno stretto rapporto con la luce e il sole.
La casa sorge sulle rovine di un'antica villa romana che sono ancora visibili nel giardino. La villa prende il nome da una piccolissima chiesa medievale dedicata a San Michele di cui erano presenti i resti nella proprietà e che è stata riportata alla vita dallo stesso Munthe grazie ad un sapiente restauro.
Per erigere questa straordinaria dimora Munthe stesso lavorò duramente, senza un vero progetto, ma soltanto utilizzando degli schizzi che aveva tracciato su un muro e avvalendosi unicamente della collaborazione di un muratore del luogo. Insieme dettero vita all'incanto che vi mostrerò...
Formatosi alla scuola di Charcot, uno dei nomi di spicco della neurologia a cui si devono molti e innovativi studi sull'ipnosi medica, Munthe fu famoso più come filantropo e scrittore che come medico e anzi si stupiva della fiducia che gli veniva accordata nella sua vera professione.
Egli amò moltissimo questi luoghi e a Capri visse diversi anni, anche se non riuscì a godere lungamente la casa e il giardino a causa di seri problemi agli occhi che gradualmente lo portarono alla cecità.
Questo grave problema di salute lo costrinse, con grande dolore, ad abbandonare Villa San Michele per tornare nel suo paese d'origine, dove lo stesso Re Gustavo gli fu vicino nel momento della morte.
Era, Munthe, un uomo semplice e molto diretto. Amava moltissimo l'umanità: si compenetrava e partecipava sentitamente al dolore degli umili fornai del bassifondi di Parigi, così come ai malanni di tipo psicosomatico dei suoi pazienti più ricchi e blasonati.
Nel suo libro Storia di San Michele, edito da Garzanti e tradotto in 48 lingue, racconta di un'epidemia di vaiolo in cui lui e un italiano di umili origini si adoperano per giorni e notti per aiutare intere famiglie decimate dalla malattia.
Parla anche con molta sofferenza, grande solidarietà e profonda partecipazione delle tragedie che colpivano queste genti. Soffre il loro dolore e piange le loro lacrime.
Lo stesso avverrà con l'epidemia di colera che colpì Napoli e con le vicende della prima guerra mondiale, che vedranno Villa San Michele diventare ospedale e convalescenziario per i soldati inglesi.
Oggi la casa, il giardino e tutti i suoi possedimenti sono sede del consolato svedese e patrimonio dello stato svedese; li cura e li gestisce una fondazione che ospita studiosi a livello internazionale e che si occupa, oltre che di rapporti culturali fra il nostro paese e la Svezia, anche della tutela degli uccelli migratori (Munthe amava moltissimo gli animali ed in particolare si adoperò affinché i migratori che passavano sopra Capri non venissero più indiscriminatamente uccisi).
LA CASA
Si entra da una piccola porta che conduce immediatamente nel cuore della casa e della cucina.
Gli arredi sono semplici, benché Munthe fosse un personaggio molto in vista e molto noto anche a livello internazionale e la sua casa fosse spesso visitata dai reali svedesi.
Lo stile richiama la cultura classica: ovunque ci sono statue e reperti che in parte furono ritrovati durante gli scavi per erigere la villa e in parte scoperti presso rigattieri e antiquari.
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Capri era ricchissima di reperti archeologici ed è curioso scoprire come l'uomo di fatica e di fiducia di Munthe, Vincenzo, scavando i solchi del vigneto avesse trovato tantissimi resti archeologici che sistematicamente lanciava in mare da un dirupo nei pressi del suo campicello.
La sobrietà delle architetture e la semplicità degli arredi confermano le sensazioni percepite leggendo i pochi cenni biografici nella guida che ho tra le mani.
Uscendo dalla cucina, dove sono ben conservati gli utensili tipici del periodo e i cui rivestimenti sono nella tipica maiolica del luogo, si attraversa un piccolo cortile che conduce alle stanze del piano superiore e al giardino.
In questo passaggio, le atmosfere si palesano e comincio a percepire l’emozione: c'è un che di intimo in questo luogo che è impossibile non cogliere.
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La bellezza delle architetture, così perfettamente inserite nel paesaggio, il nitore dei muri, dei colonnati e delle pavimentazioni danno luce e respiro ad angoli quasi inerti.
Le bifore delle stanze e le arcate dei porticati mi portano ad immaginare quest’uomo passeggiare sul selciato, immerso nel silenzio dei suoi pensieri o in una lettura.
Entriamo nelle stanze padronali.
La sua camera da letto è ancora perfettamente conservata. Lo stile è contenuto e modesto, un po' ovunque libri e segni della sua vita.
Qui, invece, un angolo del soggiorno e un'altra parte della stessa stanza che ha visto passare personaggi importanti, intellettuali di spicco e teste coronate... un cenacolo di pensieri e di musica, di canto e di riflessioni.
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I punti focali in questi porticati sono molti e uno è più bello dell'altro, ognuno ha un diverso significato, ognuno offre allo sguardo intimità, ricercatezza, sobrietà e solennità.
Da un corridoio si passa ad un altro, ma lo sguardo è spesso colpito, quasi rapito da sensazioni emozionanti, si percepisce ovunque la sensibilità di chi ha creato questo luogo.
Scorci che si parano davanti agli occhi all'improvviso, che colpiscono e mi colpiscono, che mi fanno percepire il suo passaggio, la sua determinazione nel voler a tutti i costi richiamare l'attenzione sulla bellezza, immergendo la mente in un turbinio di sensazioni.
Poggioli che d'improvviso si affacciano a strapiombo sul mare...
Piccoli e intimi cavedi da costeggiare passeggiando, sommersi da una vegetazione rigogliosa e palpitante, ornata solo da piccole statue che si intuiscono tra le foglie e circondata da acqua che scorre lieve.
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In certi passaggi la mente è persino stordita. Non riesco ancora oggi ad ubicare certi angoli, certi percorsi, per quanto sono stata coinvolta dalle atmosfere di questi ampi porticati e dai bianchi corridoi che, sorprendentemente, portano faccia a faccia con scorci da togliere il respiro.
Poi, d’improvviso, una sala, chiamata il Loggiato delle Statue, aperta al vento e allo sguardo verso il mare, ricca di statue raccolte dallo stesso Munthe, ornata da un meraviglioso tavolo del mosaico tipico del luogo.
Un percorso che conduce al giardino, che introduce al giardino perché, dopo questa stanza, si para davanti agli occhi uno spettacolo che lascia senza fiato, ma di questo vi parlerò nel prossimo articolo...
Autore: Anna Damiani