Passeggiando in giardino, pochi giorni fa, ho scoperto che, dopo quasi 4 anni, finalmente il Chimonanthus praecox (Calicanto invernale o Calycanthus praecox) ha deciso di regalarmi la sua prima fioritura.
Quattro anni…Sembra incredibile che la mia, nemmeno una talea ma una piantina di circa 50cm. all’impianto, ci possa aver messo così tanto tempo prima di cominciare ad esprimere la sua intima bellezza.
Eppure è così. Non c’è nulla da fare. La natura ha i suoi tempi e noi, che la “frequentiamo” assiduamente dovremmo saperlo bene.
In realtà sempre più frequentemente e sempre più largamente, si apprezza soprattutto la frenesia. La corsa per avere, la corsa per possedere, il sembrare e il comprare ma rarissimamente, l’essere.
L’essere in tutte le sue forme, con i suoi tempi, i suoi ritmi, le sue necessità. L’essere intimo e l’essere persona o forma vivente.
Prendiamo come esempio gli alberi. Tutto si rivolge a quello che si desidera, che si cerca di possedere ma non a quelle che sono le reali esigenze di quello che è un “essere” pianta.
In ogni dove si vedono alberi magnifici che in natura possono esprimersi liberamente e armoniosamente, imprimendo al paesaggio equilibri estetici e bellezza insostituibili, resi come pali della luce o come totem: Magnolie grandiflora potate selvaggiamente per contenerle in spazi davvero angusti per simili alberature o per obbligarle ad assumere portamenti improbabili alla loro specie. Cedrus libani che emettono cime come un’Idra di Lerna dopo aver perso cruentemente l’unica cima che nel loro DNA era prevista. Populus alba resi monchi con la mera illusione di contenerne la possenza. Rami di Acer platanoides diventati come artigli che minacciano l’aria a causa degli “scopazzi”, i rami che nascono disordinatamente come risposta alle potature selvagge, unica grande difesa dell’albero per riparare questi massacri.
Il pensiero che subito coglie è che molto spesso la causa primaria di questo fenomeno, è solo la sfrenata passione per il consumismo: voglio tutto e subito, quindi compro e nulla importa se a quell’essere che ho comprato lo spazio che avrò da dedicare starà stretto o addirittura impossibile.
Pur di averlo si è disposti a martoriarlo, svilirlo e ferirlo profondamente esponendolo a malattie e ad un rapido processo di invecchiamento attraverso la capitozzature, tecnica usata un tempo in agricoltura, oggi utilizzata su larga scala e non si sa bene a che pro.
Talvolta assisto basita agli acquisti nei garden e capisco come la scelta di una pianta (qualunque essa sia) ricada solo sull’effimero, sulla bellezza del momento, sull’effetto scenico e raramente si tengano in debito conto, i bisogni che la pianta ha per star bene.
Tanto è solo una pianta, un cespuglio, un albero e, morto quello, se ne mette un altro. Poco importa se per inserirlo a forza dovremo sacrificare magari altre essenze, poco importa se per farlo sopravvivere in un ambiente ostile lo costringeremo ad ammalarsi e dovremo usare fitofarmaci per curarlo, magari uccidendo anche i pronubi o altri insetti utili, perché nella corsa contro il tempo e l’avere, niente altro ha un valore se non la corsa stessa.
E che dire di quelli che acquistando un albero o un’essenza arbustiva la vorrebbero subito grande, bella, fiorita, sana, perfetta?
Acquistando una Rosa, ci si aspetta che questa fiorisca a profusione per tutto l’arco della stagione vegetativa. Non lo fa? Allora la si riempie di concimi; chi usa quello con un alto titolo di azoto perché la vuol vedere diventar grande in fretta, chi la riempie di fosforo e potassio per vederla fiorire copiosamente e per ben colorata e se la pianta poi si ammala, perché esasperata da ritmi di crescita che non sono i suoi, non va bene, ci si lamenta e la si tratta con altri prodotti per “guarirla” ma mai una volta ci si ferma a riflettere che, per avere il meglio, il meglio bisogna dare.
E qui si apre un altro punto importante. Ma qual è il meglio che una pianta vuole per dare tutta se stessa? Bella domanda ma più bello ancora è domandarsi: quanti se la pongono? Pochi, troppo pochi perché la voglia di avere tutto e subito è predominante rispetto a tutto il resto.
Se mi guardo attorno capisco come e quanto il mondo vegetale comunichi con noi.
Sono tante le cose che esprime e non sono solo Bellezza e Piacere bensì riflessioni, profonde riflessioni sull'incedere del tempo, sull'alternanza delle stagioni, su come ogni essere vivente sia governato da ritmi solo suoi che non andrebbero turbati per nessuna ragione al mondo, su come rispetto e pazienza siano le doti fondamentali per veder crescere, per osservare i cambiamenti, per capire quanta armonia e perfezione fosse già insita in una piccola pianticella ormai diventata adulta, per capire le necessità di ogni singola specie vegetale, per stupirsi ogni volta di fronte al mistero della vita che si replica, si rinnova ma anche per ricordare, soprattutto a noi appassionati, che siamo solo organismi che partecipano a questo mondo non solo per controllarlo ma come infinitamente piccoli ingranaggi di questa grande meravigliosa macchina.
Bisognerebbe sempre comprare pensando soprattutto ai bisogni che la pianta che si sta per acquistare. Pensare allo spazio a disposizione, al tipo di suolo che si può offrire, all’esposizione, al clima e al microclima prima ancora di chiedersi se, nel proprio giardino, potrà star bene esteticamente. Star bene è un qualcosa che, come tutti sappiamo, ha due significati: salute e aspetto esteriore e queste due valenze sono strettamente correlate ma a volte possono risultare profondamente antitetiche..
Bisognerebbe comprare sempre con rispetto per quell’essere che si ha fra le mani e non cedere al solo desiderio egoistico ma rinunciarvi, se serve, in favore di un elemento importante della nostra esistenza: le piante.
Autore: Anna Damiani
Quattro anni…Sembra incredibile che la mia, nemmeno una talea ma una piantina di circa 50cm. all’impianto, ci possa aver messo così tanto tempo prima di cominciare ad esprimere la sua intima bellezza.
Eppure è così. Non c’è nulla da fare. La natura ha i suoi tempi e noi, che la “frequentiamo” assiduamente dovremmo saperlo bene.
In realtà sempre più frequentemente e sempre più largamente, si apprezza soprattutto la frenesia. La corsa per avere, la corsa per possedere, il sembrare e il comprare ma rarissimamente, l’essere.
L’essere in tutte le sue forme, con i suoi tempi, i suoi ritmi, le sue necessità. L’essere intimo e l’essere persona o forma vivente.
Prendiamo come esempio gli alberi. Tutto si rivolge a quello che si desidera, che si cerca di possedere ma non a quelle che sono le reali esigenze di quello che è un “essere” pianta.
In ogni dove si vedono alberi magnifici che in natura possono esprimersi liberamente e armoniosamente, imprimendo al paesaggio equilibri estetici e bellezza insostituibili, resi come pali della luce o come totem: Magnolie grandiflora potate selvaggiamente per contenerle in spazi davvero angusti per simili alberature o per obbligarle ad assumere portamenti improbabili alla loro specie. Cedrus libani che emettono cime come un’Idra di Lerna dopo aver perso cruentemente l’unica cima che nel loro DNA era prevista. Populus alba resi monchi con la mera illusione di contenerne la possenza. Rami di Acer platanoides diventati come artigli che minacciano l’aria a causa degli “scopazzi”, i rami che nascono disordinatamente come risposta alle potature selvagge, unica grande difesa dell’albero per riparare questi massacri.
Il pensiero che subito coglie è che molto spesso la causa primaria di questo fenomeno, è solo la sfrenata passione per il consumismo: voglio tutto e subito, quindi compro e nulla importa se a quell’essere che ho comprato lo spazio che avrò da dedicare starà stretto o addirittura impossibile.
Pur di averlo si è disposti a martoriarlo, svilirlo e ferirlo profondamente esponendolo a malattie e ad un rapido processo di invecchiamento attraverso la capitozzature, tecnica usata un tempo in agricoltura, oggi utilizzata su larga scala e non si sa bene a che pro.
Talvolta assisto basita agli acquisti nei garden e capisco come la scelta di una pianta (qualunque essa sia) ricada solo sull’effimero, sulla bellezza del momento, sull’effetto scenico e raramente si tengano in debito conto, i bisogni che la pianta ha per star bene.
Tanto è solo una pianta, un cespuglio, un albero e, morto quello, se ne mette un altro. Poco importa se per inserirlo a forza dovremo sacrificare magari altre essenze, poco importa se per farlo sopravvivere in un ambiente ostile lo costringeremo ad ammalarsi e dovremo usare fitofarmaci per curarlo, magari uccidendo anche i pronubi o altri insetti utili, perché nella corsa contro il tempo e l’avere, niente altro ha un valore se non la corsa stessa.
E che dire di quelli che acquistando un albero o un’essenza arbustiva la vorrebbero subito grande, bella, fiorita, sana, perfetta?
Acquistando una Rosa, ci si aspetta che questa fiorisca a profusione per tutto l’arco della stagione vegetativa. Non lo fa? Allora la si riempie di concimi; chi usa quello con un alto titolo di azoto perché la vuol vedere diventar grande in fretta, chi la riempie di fosforo e potassio per vederla fiorire copiosamente e per ben colorata e se la pianta poi si ammala, perché esasperata da ritmi di crescita che non sono i suoi, non va bene, ci si lamenta e la si tratta con altri prodotti per “guarirla” ma mai una volta ci si ferma a riflettere che, per avere il meglio, il meglio bisogna dare.
E qui si apre un altro punto importante. Ma qual è il meglio che una pianta vuole per dare tutta se stessa? Bella domanda ma più bello ancora è domandarsi: quanti se la pongono? Pochi, troppo pochi perché la voglia di avere tutto e subito è predominante rispetto a tutto il resto.
Se mi guardo attorno capisco come e quanto il mondo vegetale comunichi con noi.
Sono tante le cose che esprime e non sono solo Bellezza e Piacere bensì riflessioni, profonde riflessioni sull'incedere del tempo, sull'alternanza delle stagioni, su come ogni essere vivente sia governato da ritmi solo suoi che non andrebbero turbati per nessuna ragione al mondo, su come rispetto e pazienza siano le doti fondamentali per veder crescere, per osservare i cambiamenti, per capire quanta armonia e perfezione fosse già insita in una piccola pianticella ormai diventata adulta, per capire le necessità di ogni singola specie vegetale, per stupirsi ogni volta di fronte al mistero della vita che si replica, si rinnova ma anche per ricordare, soprattutto a noi appassionati, che siamo solo organismi che partecipano a questo mondo non solo per controllarlo ma come infinitamente piccoli ingranaggi di questa grande meravigliosa macchina.
Bisognerebbe sempre comprare pensando soprattutto ai bisogni che la pianta che si sta per acquistare. Pensare allo spazio a disposizione, al tipo di suolo che si può offrire, all’esposizione, al clima e al microclima prima ancora di chiedersi se, nel proprio giardino, potrà star bene esteticamente. Star bene è un qualcosa che, come tutti sappiamo, ha due significati: salute e aspetto esteriore e queste due valenze sono strettamente correlate ma a volte possono risultare profondamente antitetiche..
Bisognerebbe comprare sempre con rispetto per quell’essere che si ha fra le mani e non cedere al solo desiderio egoistico ma rinunciarvi, se serve, in favore di un elemento importante della nostra esistenza: le piante.
Autore: Anna Damiani
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