Senza necessariamente tirare in ballo i cambiamenti climatici, l’andamento delle temperature a cui sono sottoposti i bonsai in inverno può essere sensibilmente diverso rispetto alle condizioni «naturali». Per esempio:
Molto spesso ci si preoccupa di riparare dal freddo i bonsai, mentre raramente ci si pone il problema se questi ricevano o meno la giusta quantità di freddo.

Possiamo idealmente suddividere le specie comunemente usate nel bonsai in tre categorie. La suddivisione di seguito riportata è alquanto arbitraria e incompleta e necessiterebbe di più accurate verifiche, in modo da includere anche specie orientali o esotiche, che non essendo originarie dei nostri climi non sono immediatamente riconducibili a una categoria senza ulteriori studi.
Per queste piante è essenziale una buona esposizione al freddo invernale: occorrerebbe perciò evitare di ricoverarle in serra fredda o in un luogo troppo riparato. Se per particolari motivi si è costretti a ripararle (ad esempio se si ha intenzione di effettuare rinvasi o lavorazioni in autunno-inverno), è bene garantire almeno l’esposizione alle prime gelate autunnali, così da rimuovere il più possibile la prima parte della dormienza. È consigliabile quindi rinviare tutte le operazioni alla seconda metà dell’inverno o alla primavera.
Queste piante necessitano di una piccola quantità di freddo che in genere, almeno al nord, viene soddisfatta sufficientemente anche in caso di riparo in serra fredda. Tuttavia, a meno che non ci si trovi in una zona caratterizzata da inverni particolarmente rigidi, è meglio evitare di ripararle troppo in inverno, ma per il problema opposto: un eccessivo apporto di calore può provocare un risveglio anticipato delle gemme rispetto a una pianta lasciata all’esterno, pertanto se si utilizzano ripari è bene non rimuoverli almeno fino a quando non si è già al sicuro dal rischio di gelate tardive.
Queste piante necessitano di riparo in serra fredda o in un angolo protetto nelle zone caratterizzate da inverni rigidi, mentre non è necessario ripararle se si trovano in un clima mediterraneo o in un’area costiera. Anche in questo caso, se eccessivamente riparate possono germogliare in anticipo, perciò se necessario occorre evitare il rischio di gelate primaverili.
PROPOSTE DI STUDIO
Un appunto relativo alle piante «dormienti».
Sarebbe utile per ciascuna di queste specie riuscire a valutare quantitativamente il giusto fabbisogno di freddo, costruendo delle curve simili a quelle già realizzate per alcuni alberi. Grazie a questo strumento, conoscendo l’andamento medio delle temperature in un qualunque luogo di coltivazione, sarebbe possibile determinare l’esposizione e il riparo invernale più idonei caso per caso.
Per fare questo è necessario disporre di dati climatici e fenologici di una data specie in anni e luoghi diversi, in modo da ricostruire la curva a partire dall’andamento delle temperature invernali giornaliere misurate da stazioni meteo dislocate su tutto il territorio (e i cui dati sono oggi messi a disposizione on line dall’ARPA), associate alle relative date di germogliamento.
La collaborazione reciproca di tanti bonsaisti potrebbe creare una base di dati sufficiente a uno studio di questo tipo che, pur senza la pretesa di avere un valore scientifico rigoroso, potrebbe rivelarsi utile ai fini pratici migliorando le conoscenze sulla coltivazione dei nostri alberi.
FONTI
- Un bonsai di un’essenza autoctona di una data zona climatica può essere coltivato a latitudini e quote anche molto diverse rispetto a quelle di origine.
- Anche il microclima può variare, a seconda che ci si trovi in una zona urbana o extraurbana (in inverno le temperature in un grosso centro abitato sono sistematicamente più alte di qualche grado rispetto alle aree circostanti).
- Posizionare un bonsai in un luogo riparato o scoperto, soleggiato o ombreggiato, su un balcone o in un giardino, può esporlo a temperature molto diverse rispetto al valore misurato ufficialmente dalla stazione meteo locale.
- Infine, la pratica di riparare il bonsai in una serra fredda o sotto una copertura, contribuisce a ridurre notevolmente la quantità di freddo, per effetto dell'attenuazione delle temperature minime e del riparo dalle correnti fredde.
- Questi e altri fattori incidono sulla temperatura dell’aria attorno alla pianta e possono contribuire ad alterare il normale decorso della dormienza.
Molto spesso ci si preoccupa di riparare dal freddo i bonsai, mentre raramente ci si pone il problema se questi ricevano o meno la giusta quantità di freddo.

Possiamo idealmente suddividere le specie comunemente usate nel bonsai in tre categorie. La suddivisione di seguito riportata è alquanto arbitraria e incompleta e necessiterebbe di più accurate verifiche, in modo da includere anche specie orientali o esotiche, che non essendo originarie dei nostri climi non sono immediatamente riconducibili a una categoria senza ulteriori studi.
- Alberi «amanti del freddo». Sono piante originarie di paesi freddi o di alta quota (sopra i 1300-1500m), caratterizzate da un alto fabbisogno di freddo e che quindi presentano una dormienza del 1° tipo: Abete, Larice, Pino mugo, Pino silvestre, Ginepro comune, Faggio, Betulla ecc…
Per queste piante è essenziale una buona esposizione al freddo invernale: occorrerebbe perciò evitare di ricoverarle in serra fredda o in un luogo troppo riparato. Se per particolari motivi si è costretti a ripararle (ad esempio se si ha intenzione di effettuare rinvasi o lavorazioni in autunno-inverno), è bene garantire almeno l’esposizione alle prime gelate autunnali, così da rimuovere il più possibile la prima parte della dormienza. È consigliabile quindi rinviare tutte le operazioni alla seconda metà dell’inverno o alla primavera.
- Alberi «mesofili». Sono piante tipiche di climi temperati-freddi che vivono per lo più al di sotto dei 1300-1500m, caratterizzate da un fabbisogno di freddo limitato o nullo (cioè possono presentare una dormienza del 1° o del 2° tipo). Tra esse troviamo la quasi totalità delle caducifoglie: Olmo, Castagno, Tiglio, Carpino, Querce (farnia, roverella, cerro), Aceri, Frassini e alcune conifere come Pino nero, Cipresso, Tasso.
Queste piante necessitano di una piccola quantità di freddo che in genere, almeno al nord, viene soddisfatta sufficientemente anche in caso di riparo in serra fredda. Tuttavia, a meno che non ci si trovi in una zona caratterizzata da inverni particolarmente rigidi, è meglio evitare di ripararle troppo in inverno, ma per il problema opposto: un eccessivo apporto di calore può provocare un risveglio anticipato delle gemme rispetto a una pianta lasciata all’esterno, pertanto se si utilizzano ripari è bene non rimuoverli almeno fino a quando non si è già al sicuro dal rischio di gelate tardive.
- Alberi «termofili». Sono piante tipiche di climi miti o caldi, dove le gelate invernali sono assenti o limitate. Presentano dormienza del 2° tipo oppure non sono dormienti. Tra esse troviamo tutte le piante mediterranee: Olivo, Mirto, Lentisco, Rosmarino, Fico, Querce sempreverdi (leccio, sughera), Bouganvillea, Pini (marittimo, d’Aleppo), Ginepri (fenicio, oxicedro), ecc…
Queste piante necessitano di riparo in serra fredda o in un angolo protetto nelle zone caratterizzate da inverni rigidi, mentre non è necessario ripararle se si trovano in un clima mediterraneo o in un’area costiera. Anche in questo caso, se eccessivamente riparate possono germogliare in anticipo, perciò se necessario occorre evitare il rischio di gelate primaverili.
PROPOSTE DI STUDIO
Un appunto relativo alle piante «dormienti».
Sarebbe utile per ciascuna di queste specie riuscire a valutare quantitativamente il giusto fabbisogno di freddo, costruendo delle curve simili a quelle già realizzate per alcuni alberi. Grazie a questo strumento, conoscendo l’andamento medio delle temperature in un qualunque luogo di coltivazione, sarebbe possibile determinare l’esposizione e il riparo invernale più idonei caso per caso.
Per fare questo è necessario disporre di dati climatici e fenologici di una data specie in anni e luoghi diversi, in modo da ricostruire la curva a partire dall’andamento delle temperature invernali giornaliere misurate da stazioni meteo dislocate su tutto il territorio (e i cui dati sono oggi messi a disposizione on line dall’ARPA), associate alle relative date di germogliamento.
La collaborazione reciproca di tanti bonsaisti potrebbe creare una base di dati sufficiente a uno studio di questo tipo che, pur senza la pretesa di avere un valore scientifico rigoroso, potrebbe rivelarsi utile ai fini pratici migliorando le conoscenze sulla coltivazione dei nostri alberi.
FONTI
- Mauro Falusi - Facoltà di agraria, Università di Firenze, Appunti di biologia vegetale.
- A. Santini, L. Ghelardini, M. Falusi, Vegetative bud-burst variability of European elms, Invest Agrar, Sist Recur For (2004).
- Ghelardini, L. 2007, Bud Burst Phenology, Dormancy, Release and Susceptibility to Dutch Elm Disease in Elms (Ulmus spp.).
- Champagnat, P. 1989, Rest and activity in vegetative buds of trees, in Proceedings of the Forest Tree Physiology International Symposium, INRA, Université de Nancy, France 1988/09/25-30, Annales des Sciences Forestières 46 (Suppl.), 9s-26s.
- Hänninen, H. & Kramer, K. 2007, A Framework for modelling the annual cycle of trees in boreal and temperate regions, Silva Fennica 41(1), 167-205.
- Fotografia: Vigezzobonsai - forum bonsai-italia.org
Autore: Andrea Borghi (Boba74)